Qualcuno ha commentato, “I giornalisti debbono fare attenzione a quello che scrivono” e ciò è sacrosanto. Ma quando un giornalista di uno dei quotidiani italiani più autorevoli, qual è “La Repubblica”, scrive che Massimo D’Alema ha fatto intendere che, pur di danneggiare Renzi, per il prossimo ballottaggio per la elezione del Sindaco di Roma starebbe facendo campagna elettorale per Virginia Raggi contro Roberto Giachetti, e che si alleerebbe anche con il diavolo, non ha certamente dato prova di grande stile e correttezza nei confronti del partito al quale appartiene nonché del suo Segretario.
Delle due l’una: se Repubblica ha scritto il falso, D’Alema non può fare altro che querelarlo; se non lo fa, Massimo D’Alema avalla ciò che il quotidiano ha pubblicato, e deve trarre le conclusioni, dimettendosi dal partito, senza se e senza ma.
Nell’ambito dello stesso PD diversi sono gli esponenti di spicco che soffrono il mal di pancia a causa di Renzi, tutti quelli della cosiddetta sinistra PD, che fanno capo, più o meno dichiaratamente, a Pier Luigi Bersani, il quale non perde occasione per palesare, legittimamente, il suo dissenso nei confronti di Renzi nella duplice veste; ma Bersani mai si è sognato di ricorrere a questi mezzucci ai quali sembra che D’Alema ricorra, tradendo tra l’altro la consolidata sua immagine di abile politico e fine diplomatico; se ciò che ha detto a “Repubblica” corrisponde al vero, D’Alema ha messo in crisi anche la sua immagine di ex Presidente del Consiglio, ruolo svolto, sia pure alla vecchia maniera, senza gravi pecche.
O gli brucia il ricordo che alle riforme costituzionali pure lui aveva messo mano, tentando di farle con l’ex Cavaliere che poi, come di consueto, si defilò lasciando “baffino” con un palmo di naso?
Ora D’Alema sembra giustificarsi addossando, con abile bizantinismo, la responsabilità di quanto pubblicato dal giornale allo stesso Premier, il quale avrebbe ispirato il tutto per giustificare una disfatta al ballottaggio di Roma, nella convinzione che la Raggi risulti vincente: il che sta a significare che, se da un lato in D’Alema riemerge la “verve” politica, dall’altro non lo assolve dalla responsabilità per le sue presunte dichiarazioni.
In conclusione, D’Alema farebbe bene ad uscire allo scoperto concludendo la querelle con una querela o con una pubblica dichiarazione di appoggio a Giachetti.
Lo farà? Boh!