scritto da Rosa Montoro - 27 Settembre 2017 09:37

LIBRI & LIBRI Un’eterna meraviglia

Se è vero che un libro vive di una vita propria, questo libro ha scelto anche quando svelarsi ai lettori, riesumando (perdonate il termine) una scrittrice che ha segnato la letteratura del novecento e che ha ricevuto il premio Nobel nel 1938: Pearl S. Buck.  Qui riesumare va intesoletteralmente come riportare alla luce il senso della vita di questa scrittrice: la sua forza morale, una vita ideale d’amore, di ricerca intellettuale e di scrittura.Leggendo questa storia è come se seguissimo il senso della vita di Pearl S. Buck in una sfera di cristallo, non per predire il futuro ma per riassumere la sostanza delle scelte fatte da questa donna geniale e prolifica (ha scritto 80 libri).

Il titolo, Un’eterna meraviglia, compare nella frase finale del libro e ricapitola la morale della sua produzione letteraria: “penserò alla mia intera esistenza … con la stessa sete di sapere … in cerca della verità delle ragioni che ci sono sconosciute … è questo lo scopo di tutti … un’eterna meraviglia”.

Un’eterna meraviglia è stato ritrovato quarant’anni dopo la morte della Buck, nel 2012 in una casa abbandonata, il cui arredamento è stato venduto all’asta per recuperare gli affitti non pagati. Il figlio adottivo dell’autrice nell’introdurci alla lettura, narrandoci nella premessa il modo rocambolesco con il quale è stato ritrovato questo romanzo, ci spiega anche perché è certo che a scriverlo è sua madre. Scrive che lo stile e soprattutto molti particolari raccontati gli hanno permesso di identificarlo, perché  Pearl S. Buck inseriva nelle sue narrazionianeddoti i cui particolari non potevano essere conosciuti, se non da lei e i suoi familiari.

Un’eterna meravigliaè un romanzo di formazione, bildungsroman, raccontato in prima persona, a partire dal concepimento: l’utero materno. Rann, il protagonista principale e voce narrante, racconta la sua crescita in una famiglia ideale, interrotta bruscamente dalla morte del padre. Rann è un ragazzo geniale e intellettualmente precoce. Cresce come un fiore perfetto in una terra ideale. Le sue capacità vengono accompagnate costantemente da una famiglia che non invade mai il suo territorio maosserva attentamente e interviene quanto basta, aiutandolo a sbocciare e a mostrare al mondo la sua bellezza.

Dopo la morte del padre, Rann incontra il maestro della sua vita. Nel momento in cui, però, il rapporto tra i due si complica e diventa ambiguo, Rann parte. In Inghilterra incontra una donna affascinante e misteriosa che lo porta nel suo castello, iniziandolo alle magie del sesso. Rann stanco della sua lady riparte per la capitale francese dove conosce l’amore della sua vita: Stephanie Kung, una ragazzina abbandonata dalla madre americana e cresciuta dal padre, un saggio maestro cinese. Poco dopo, Rann viene inviato come soldato in Corea ene torna cambiato per sempre. Cerca di riprendere la storia con Stephanie, ma gli avvenimenti successivi avranno come esito quello che sarà il finale del tutto particolare.

La narrazione è spinta verso una situazione ideale per questo bambino, e poi ragazzo, che mostra capacità al di sopra della norma. Essere realista non sembra essere stato uno degli obiettivi di quest’operadiPearl S. Buck. A lei interessa dirci che Un’eterna meravigliaè una vita che si costruisce su un terreno sociale fertile, curato, dove tutti vedono le potenzialità e investono per valorizzarlo. Una nuova vita vista come “fonte” di energia per che va liberata e incanalata così da poter essere una risorsa per l’intera comunità. Ci dice che il monte dal quale questa fonte sorge, non la trattiene; è pronto a donarcela se siamo capaci di valorizzarla, vederla come risorsa e non una minaccia. “Concedi la libertà a nostro figlio”, si fa promettere il padre prima di morire “non soffocarlo, non deragliarlo”.

Durante la lettura di Un’eterna meravigliaho pensato che un romanzo di formazione può essere scritto solo da chi, alla fine della propria vita comePearl S. Buck, trasforma l’enorme energia che l’ha guidata, in consapevolezza. L’eterna meraviglia è quello che lei ha provato alla fine della sua vita guardando tutt’insieme quell’entusiasmo che l’aveva guidata e le aveva permesso di cercare negli abissi o come un uccello, fin dove il cielo ha ossigeno, al limite del non ritorno. Guardare dall’alto è anche vedere la sua storia , la tenacia che l’ha resa capace di produrre tanti scritti. L’eterna meraviglia è l’amore per la vita. Il modo di manifestarla cambia in tutti noi e in alcuni è speciale. E questo essere speciale è il protagonista di questo romanzo. Come si può curare un essere speciale? Come si può curare un giovane nelle nostre famiglie? La ricetta è semplice, amandolo e nutrendolo di quello che permette all’uomo di essere migliore: la sua libertà.

Questo romanzo racconta una storia fuori dalla cornice del mondo reale e dei suoi problemi. La storia dei popoli non riguarda Rann (come a molti giovani d’oggi), lui è occupato dalla sua crescita interiore e fisica, dalla sua genialità, energia e voglia di conoscersi.

La perfezione di questo testo è anche il suo limite: una visione individualistica. Questa visione è alla base della cultura americana ed è ribalzata nel mondo, riassunta nel sistema capitalistico. Si è potuta sviluppare in America perché la sua cultura non è nata da una storia nazionale, ma da tante storie individuali che hanno composto il mosaico: un insieme nato dalle conseguenze e non una sostanza culturale.

Con quest’ultima riflessione non s’intende sminuire il valore dello scritto ma solo evidenziare una differenza di genere letterario. Infatti penso che per questo motivoil romanzo sociale non poteva che nascere in Europa.

Pearl S. Buck, nasce a Hillsboro, 26 giugno 1892 e muore a Danby, 6 marzo 1973 è stata una scrittrice, sceneggiatrice, accademica e giornalista statunitense.Da bambina vive con i genitori, missionari della Chiesa Presbiteriana in Cina, dove trascorse la sua giovinezza. All’età di 18 anni ritornò negli Stati Uniti dove studiò fino alla laurea in letteratura inglese a Lynchburg in Virginia.Nel 1917 si sposò con John Lossing Buck, un insegnante di economia agraria, assieme al quale si trasferì in Cina, dove insegnò letteratura all’Università di Nanchino fino al 1927, quando fu costretta ad abbandonare il paese a causa delle ritorsioni verso gli stranieri e a trovare rifugio in Giappone. Nel 1931 divorziò dal marito e sposò Richard J.Wash, il suo editore. Nello stesso anno pubblicò La buona terra (The Good Earth), il suo romanzo più famoso, che le valse anche la medaglia di riconoscimento dall’American Academy of Arts and Letters. Rientrata negli Stati Uniti, continuò a scrivere e si dedicò alla salvaguardia dei diritti umani, dando vita a una fondazione per l’assistenza ai bambini asiatici.Fra romanzi, saggi, biografie e racconti ha lasciato più di 80 opere. Pubblicò anche opere teatrali, sceneggiature e letteratura per l’infanzia. Riceve moltissimi premi ma quello per il quale la ricorderemo è Premio Nobel per la letteratura nel 1938.

Rosa Montoro è nata a Sarno e vive a Cava de’ Tirreni, laureata in Sociologia lavora in un ente pubblico, è sposata e ha due figlie. Ha ricevuto vari premi per la poesia, nel 2017 ha pubblicato "La voce di mia madre", una raccolta di poesie inserita nel catalogo online “Il mio libro” – Gruppo editoriale Espresso. Per la narrativa è stata premiata nel 1997 per il racconto "Il cielo di Luigino" pubblicato nel testo collettaneo “Nuovi narratori campani” dell’editore Guida di Napoli. Lo stesso editore ha pubblicato nel 2000 il romanzo breve "Il silenzio della terra" premiato nel 2001 al Concorso Europeo di narrativa “Storie di Donne” FENAL circoli europei liberi, secondo premio. Infine, "Il Circolo degli illusi", edito da Oedipus - 2018.

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