scritto da Francesco Ascione - 04 Maggio 2018 12:38

FISCO & LAVORO I lavoratori autonomi e l’assegno di disoccupazione

Gli Stati europei e dunque anche l’Italia, devono prevedere una forma di sostegno al reddito anche per la disoccupazione dei lavoratori autonomi. Principio fissato con una è una sentenza della Corte di Giustizia europea depositata qualche giorno fa, con la quale viene riconosciuta anche ai lavoratori autonomi, il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione, senza discriminazioni. Quindi, da qui in poi, anche i lavoratori autonomi potranno percepire l’assegno di disoccupazione senza subire discriminazioni. Il lavoratore autonomo, se costretto a chiudere la partita Iva o in generale la propria attività economica, dovrà avere accesso allo stesso trattamento del dipendente che perde il proprio lavoro, senza discriminazioni di trattamento.

Probabilmente si è giunti a tale conclusione a seguito dell’enorme trasformazione che ha subito negli ultimi 10 anni il mondo del lavoro. Le opportunità lavorative si sono ridotte drasticamente e le difficoltà non riguardano solo i lavoratori dipendenti ma anche i lavoratori autonomi. La Corte Europea, ha osservato che la nozione di disoccupazione involontaria non è limitata ai soli casi di lavoro subordinato, ma comprende anche lo stato di cessazione di un’attività professionale autonoma, se causato da «ragioni indipendenti dalla volontà della persona interessata, come può essere una situazione di recessione economica».

Secondo la Corte di Giustizia europea, così come un lavoratore subordinato può involontariamente perdere il proprio lavoro dipendente a seguito, di un licenziamento, una persona che ha esercitato un’attività di lavoro autonomo può trovarsi costretta a cessare tale attività. Questa persona potrebbe pertanto trovarsi in una situazione di vulnerabilità paragonabile a quella di un lavoratore subordinato licenziato. Ne consegue che in tali circostanze, non sarebbe giustificato che detta persona non beneficiasse della medesima tutela di cui gode un dipendente che abbia cessato di essere un lavoratore subordinato. Da quanto fin qui detto risulta che una persona che ha cessato di essere un lavoratore autonomo a causa della mancanza di lavoro dovuta a ragioni indipendenti dalla sua volontà, può, analogamente a una persona che abbia involontariamente perso il suo impiego dipendente, beneficiare della medesima tutela che spetterebbe a quest’ultimo, ivi compreso il diritto all’indennità di disoccupazione prevista per i lavoratori dipendenti.

L’episodio che ha portato alla sentenza di riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione per i lavoratori autonomi nasce dalla richiesta fatta da un cittadino rumeno che, per cinque anni, aveva svolto l’attività di imbianchino e poi era stato costretto a chiudere per assenza di incarichi. L’uomo si era poi trasferito in Irlanda dove aveva chiesto l’indennità di disoccupazione per autonomi, prevista da una legge del 2005, ma lì gli era stata negata. E questo perché la direttiva comunitaria del 2004 prevede il diritto dei lavoratori di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri per periodi superiori a tre mesi a condizione di lavorare (onde non essere un eccessivo peso per lo Stato ospitante). Ribaltando il destino del lavoratore che, per ragioni di crisi economica indipendenti dalla sua volontà si era visto costretto a chiudere la propria attività,  la Corte di Giustizia europea gli ha dato ragione accogliendo il suo ricorso: il lavoratore autonomo disoccupato per motivazioni esterne e indipendenti dalla sua volontà, può trovarsi nello stesso stato di bisogno dei dipendenti licenziati e quindi non sono ammesse disparità di trattamento in relazione al correlativo diritto di percepire l’indennità di disoccupazione. Dunque, a tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea è stata imposta l’applicazione dello stesso ammortizzatore sociale indipendentemente dal tipo di lavoro, dipendente o autonomo che sia. Presupposto comune deve essere, come si legge nel dispositivo della sentenza, la cessazione di un’attività professionale determinata da ragioni indipendenti dalla volontà della persona interessata, come può essere una situazione di recessione economica.

Dopo questa sentenza è certamente auspicabile un rapido intervento legislativo di recepimento anche se, sulla base del carattere self-executing della sentenza, la stessa potrebbe trovare applicazione anche in mancanza di un intervento diretto. In realtà in Italia non sarebbe un intervento legislativo molto complesso: una disciplina esiste e deve solo essere estesa alle partita Iva, coloro che sono stati o sono iscritti in albi professionali.  Infatti, se è vero che la Naspi riguarda solo i lavoratori dipendenti, è ugualmente vero che qualche forma di indennità, come la Dis-Coll, è prevista anche per i collaboratori iscritti alla gestione separata e per gli artigiani e i commercianti.

Ma queste sono misure non certo paragonabili alla indennità di disoccupazione vera e propria. E, in particolare, non c’è niente per le partite Iva, che versano anch’esse alla gestione separata senza che vi sia la minima tutela per i casi di perdita delle commesse e del lavoro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.