scritto da Redazione Ulisseonline - 12 Giugno 2015 09:58

Per le imprese italiane sempre più export

Dei primi 15 gruppi industriali italiani per volume d’affari oggi sono soltanto in 2 a realizzare in Italia la maggior parte del loro fatturato. Per tutti gli altri il giro d’affari all’estero vale tra il 60% e l’80% del fatturato complessivo.

Negli anni della crisi l’economia italiana ha sofferto a causa del crollo della domanda interna, della caduta degli investimenti produttivi e del peggioramento della finanza pubblica. E le multinazionali italiane hanno reagito rafforzando la loro presenza oltre confine. Anche le grandi imprese di costruzioni italiane, che nel periodo 2004-2013 hanno registrato una caduta del 7,2% del fatturato interno a causa del crollo degli investimenti pubblici, hanno incrementato del 204,6% il fatturato realizzato all’estero, con il risultato che oggi questa componente rappresenta due terzi del loro giro d’affari.

Sono 212.000 le imprese italiane che esportano (+3,5% rispetto al 2007) e il valore complessivo delle merci vendute all’estero (più di 380 miliardi di euro) è aumentato del 5,7% dal 2007 a oggi. La crescita del numero di aziende esportatrici è sicuramente un fatto positivo, ma la loro incidenza sull’export complessivo è davvero limitata.

La maggior parte degli operatori (il 63,9% del totale) si addensa nella classe più bassa di valore esportato (sotto i 75.000 euro annui). Colpisce che un complesso di circa 135.000 esportatori determini un valore di export di poco superiore a 2,3 miliardi di euro, un’inezia rispetto al valore totale delle esportazioni italiane (lo 0,6%). Si tratta di poco meno di 17.000 euro medi per esportatore.

Per contro, le grandi aziende, quelle che vendono all’estero per un valore superiore a 50 milioni di euro annui, pur essendo solamente lo 0,4% del totale (942 soggetti), rappresentano da sole quasi la metà dell’export italiano (circa 187 miliardi di euro). A ciò si aggiunga che una miriade di soggetti (più di 90.000) hanno come riferimento un solo Paese di destinazione delle loro merci. Sono solo 4.200 le imprese che invece vendono i loro prodotti e servizi in più di 40 Paesi esteri (realizzando il 43% circa delle vendite complessive dell’Italia all’estero).

Nella sola Lombardia si concentra un terzo delle aziende esportatrici e del valore dell’export. Se alla Lombardia si sommano Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, si raggiungono i due terzi dell’export italiano complessivo. Dal Sud si origina solamente il 9% delle esportazioni nazionali in valore.

Si rafforza la presenza imprenditoriale italiana all’estero: oggi circa 22.000 imprese estere sono controllate da società italiane e occupano 1,7 milioni di addetti (rispetto al 2007 l’aumento è di circa 2.000 imprese e 330.000 addetti). Mentre si riducono le multinazionali estere presenti sul territorio nazionale (da 14.401 a 13.328 in cinque anni) e i loro addetti (da 1,24 milioni a 1,19 milioni), aumentano le multinazionali italiane all’estero (+8,9% dal 2007) e la forza lavoro impiegata (+23,4%). Ma soprattutto aumenta il loro fatturato, che passa da 389 miliardi di euro a 546 miliardi (+40,4%).

Il Paese dove sono penetrate maggiormente è la Romania (3.237 aziende e 117.221 addetti), ma il territorio dove operano le aziende più grandi è quello degli Stati Uniti (2.066 aziende per 225.450 addetti, con un fatturato che da solo vale il 18% delle multinazionali italiane nel mondo). (fonte Censis – foto Giovanni Armenante))

Rivista on line di politica, lavoro, impresa e società fondata e diretta da Pasquale Petrillo - Proprietà editoriale: Comunicazione & Territorio di Cava de' Tirreni, presieduta da Silvia Lamberti.

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