Padre Pino Muller: “I giovani sono un grande investimento per il futuro”
Continua il nostro viaggio tra le varie realtà pastorali della nostra diocesi, ad accoglierci in questa tappa è Padre Pino Muller, parroco di San Cesareo Martire, che ha risposto alle nostre domande.
A che età ha avvertito la chiamata al sacerdozio?
“Ricordo che fin da bambino ho avuto dei segnali, mi piaceva molto imitare il mio parroco che mi ha cresciuto fin da bambino, ad esempio, a casa preparavo un altarino e celebravo la messa. Mia mamma faceva la panettiera nel mio paese d’ origine in Calabria, mi ha raccontato un episodio particolare: la notte in cui sono nato lei aveva preparato l’ impasto per il pane messo già nel forno ma le erano venute le doglie del parto, andò a casa e aiutata dalle vicine a partorire, e la preoccupazione di mamma era il pane che c’ era nel forno, perché bruciare un’infornata voleva dire una giornata di lavoro persa, ma il pane quella notte non si bruciò, e questo è un piccolo episodio che collego sempre alla mia vocazione sacerdotale. In prima media, sono entrato in seminario, ho seguito l’itinerario che mi è stato proposto rinnovando la mia scelta.”
I suoi erano d’ accordo con questa scelta oppure l’hanno ostacolata e se sì, perché?
“Ho un papà e una mamma molto diversi. Ho una mamma di grande fede, papà in gioventù non era molto religioso e vide questa mia scelta come una decisione opportunistica, però non sono mai stato ostacolato lungo il mio percorso”.
Si è mai pentito di questa scelta?
“Mai, mai! Ho avuto momenti difficili, ma non mi sono mai pentito e senza togliere nulla agli altri, amo definirmi come il prete più felice del mondo”.
Quale rinuncia è stata la più difficile?
“Se devo dire la verità, non ho mai avvertito il peso della rinuncia, ho vissuto tutto quello che vive un ragazzo che lascia la casa a 11 anni, ma il desiderio di raggiungere il mio obiettivo mi ha sempre dato la forza di superare queste difficoltà. La cosa più difficile che ho vissuto negli anni giovanili, era il fatto di vedere che tanti miei amici cominciavano il cammino spirituale e a un tratto decidevano di tornare a casa, ma cambiando luogo di studi dalla Calabria a Torino, fino ad arrivare a Treviso, questo mi ha messo ancora di più alla prova, riguardo alla mia decisione del sacerdozio”.
Cosa direbbe a un giovane che le manifestasse il desiderio di entrare in seminario?
“Ho dei ragazzi che hanno manifestato il desiderio di entrare in seminario e la prima cosa che chiedo loro è di fare un cammino impegnativo nella loro comunità parrocchiale, più presenza alla vita parrocchiale, più presenza alla vita spirituale, e questi sono i pilastri per una vita dedicata al sacerdozio”.
In una società laica e secolarizzata quali agenzie educative pensa che dovrebbero rendere più incisive la loro opera di formazione umana e cristiana dei giovani?
“Per i primi 25 anni di sacerdozio ho lavorato molto con la pastorale giovanile, in realtà diverse sono stato responsabile della pastorale giovanile diocesana, sia in Toscana nella diocesi Pescia-Montecatini Terme, nella diocesi di Nola, a Taranto, e poi nella piccola realtà della diocesi benedettina, attualmente ho lasciato ad altri questo incarico ma nella mia parrocchia lavoro molto con i giovani e credo fortissimamente che essi sono un grande investimento. Sono convinto che le parrocchie attraverso le attività che organizzano, anche agevolate da strutture adatte possono dare tanto ai giovani, il nostro futuro”.
“Incontrare le periferie” è l’ appello del Papa alle parrocchie perché escano dalle sacrestie e vadano incontro ai lontani, ai poveri, agli emarginati, cioè che la chiesa diventi “ospedale da campo” per curare le “malattie” del nostro tempo. In quale misura pensa che l’ attività pastorale della sua parrocchia accoglie quest’ appello?
“Quello di Papa Francesco è un appello che mi trova in perfetta sintonia, naturalmente la realtà in cui oggi faccio il parroco è ben diversa rispetto a quelle di Nola e di Taranto. Qui sono numerosi i giovani che partecipano e che sono interessati alle nostre iniziative, ma vi sono anche alcuni che si rifiutano e noi dobbiamo comunque rispettare la loro decisione. Altre periferie presenti nella nostra comunità sono ad esempio le famiglie che vivono lontano dalle iniziative proposte dalla loro comunità, per riavvicinarle alla vita parrocchiale gli strumenti che utilizziamo sono le catechesi, le visite alle famiglie, e la classica benedizione delle case. Dobbiamo uscire dalle sacrestie stare in mezzo alla gente! Ad esempio, io quando non ci sono lascio un avviso con scritto il mio numero di cellulare e parroco in giro per la parrocchia”.
Quale ruolo hanno i laici presenti nella sua parrocchia: la “corresponsabilità” della loro azione pastorale in quale misura è avvertita?
“Nella mia parrocchia inizialmente ho trovato molta difficoltà, credo sia importante per una parrocchia che, chi decide di collaborare di servire, deve cominciarsi a domandare seriamente perché lo fa e per chi lo fa. Corresponsabilità vuol dire portare dei pesi nella stessa direzione per raggiungere un obiettivo comune. I laici sono fondamentali, ci sono cose che può fare solo il sacerdote altre possono essere delegate ai laici, ma sempre con una buona formazione alle spalle”.
Come deve vivere la quaresima un cristiano?
“Di certo non devo dirlo io, ci sono tante indicazioni dal Papa, dai Vescovi, nella liturgia, naturalmente la Quaresima è il periodo che ci anticipa alla Pasqua del Signore. Quest’anno, ad esempio, Papa Francesco nel messaggio che ha mandato ai fedeli mette al primo posto la conoscenza della parola di Dio da parte di un cristiano”.
Come devono essere visti gli “obblighi” dell’ astinenza e del digiuno?
“Non sono obblighi ma indicazioni come una mamma e un padre consigliano al proprio figlio cosa è giusto fare, e la chiesa che è madre ci indica cosa è giusto per noi. Digiuno fatto il mercoledì delle ceneri e venerdì Santo, con pane e acqua. Per quanto riguarda l’ astinenza dalle carni che si segue tutti i venerdì di Quaresima, anche se oggi è diventato qualche cosa che a volte può essere insignificante visto che è cambiato il nostro stile di vivere. È il significato che dobbiamo mantenere, ossia rinunciare a qualche cosa che per noi è importante. Rimane il fatto che ognuno di noi può seguire il proprio digiuno e la propria astinenza, da cose che toccano molto di più sul vivo”.
Quali sono le iniziative in questo periodo nella sua parrocchia?
“I gruppi animano questo periodo, proponiamo un cammino di crescita sia per i più piccoli che per i più grandi, anche attraverso momenti di catechesi. La cosa di cui vado molto fiero e ne sono orgoglioso, nata dai collaboratori che fanno il cammino di catechesi settimanale, è l’ iniziativa chiamata “Una notte con Gesù”: la chiesa rimane aperta dal venerdì sera dopo la messa delle 19.00, la chiesa rimane aperta tutta la notte fino alle 9.00 del sabato mattina, iniziativa per il periodo di quaresima, con una grande partecipazione. Un’ altra iniziative proposta in questo periodo è la Via Crucis per le vie della frazione la sera della domenica delle Palme, vi è la rappresentazione evangelica, del percorso di Gesù verso il Calvario”.