Nel Mezzogiorno sono fallite le politiche dei grandi insediamenti industriali che al mancato sviluppo, in molti casi, hanno associato pesante impatto ambientale che danneggia il patrimonio naturale del territorio e lo sviluppo del turismo. Di conseguenza le nuove politiche per lo sviluppo delle regioni meridionali devono far perno sulla maggiore presenza della micro e piccola impresa diffusa: nel Mezzogiorno, infatti, l’81,7% degli addetti è occupato nelle piccole imprese, quota di gran lunga superiore al 62,2% rilevato nel Centro-Nord.
La centralità della piccola impresa e i principali dati dell’economia delle regioni meridionali sono stati esaminati nel report “Trend Mezzogiorno a inizio 2016” predisposto nei giorni scorsi per l’incontro dell’Osservatorio del Mezzogiorno di Confartigianato con il Presidente della Fondazione CON IL SUD, Carlo Borgomeo.
Il report analizza i dati sulla crescita economica evidenziando il persistente ritardo nel Mezzogiorno: nel 2014 il PIL delle regioni meridionali diminuisce dell’1,1% e più intensamente rispetto al -0,4% registrato a livello nazionale. Il ritardo è ancora più evidente nel lungo periodo: rispetto al 2007, anno pre crisi, il PIL nel Mezzogiorno è più che decimato (-12,7%) mentre l’Italia si registra un -9,0%.
Nel corso del 2015 si intravedono alcuni segnali positivi provenire dal mercato del lavoro: al IV trimestre 2015 il Mezzogiorno conta 5.964.400 occupati, pari ad un quarto (26,4%) del totale, che crescono dell’1,2% su base annua, più del +0,7% osservano per il Centro-Nord. Va considerato che nel lungo periodo (2008-2015), l’occupazione scende nel Mezzogiorno del 6,4%, performance peggiore rispetto al -0,3% del Centro-Nord, e che si traduce in 409.300 occupati in meno, pari all’88,6% della diminuzione assoluta totale.
Un più intenso utilizzo della riduzione del costo del lavoro ha sostenuto la crescita dell’occupazione: nel 2015 nel Mezzogiorno hanno fruito della decontribuzione sui contratti a tempo indeterminato (l. 190/2014) 383.678 assunzioni, il 60,5% delle assunzioni a tempo indeterminato, e 58.744 trasformazioni, il 64,2% delle trasformazioni a tempo indeterminato.
A fronte di 8,4 contratti con decontribuzione ogni 100 dipendenti in media nazionale, nel Mezzogiorno si arriva al massimo di 9,9 contratti ogni 100 dipendenti; a livello regionale la maggiore propensione all’utilizzo della decontribuzione è quella di Campania (12,2 utilizzi ogni 100 dipendenti), Puglia (10,2 utilizzi ogni 100 dipendenti), Lazio e Molise (9,6 utilizzi ogni 100 dipendenti) e Basilicata (9,5 utilizzi ogni 100 dipendenti).
Nel 2015 le esportazioni delle imprese del Mezzogiorno operanti nei settori a maggiore concentrazione di Micro e Piccole imprese con meno di 20 addetti valgono 8,5 miliardi di euro e rappresentano un quinto (21,3%) dell’export manifatturiero della ripartizione; l’export di MPI cresce del 5,4% su base annua, più del +3,9% del Manifatturiero della ripartizione.
L’analisi della produzione di energia da fonti rinnovabili al netto dell’idrico – da fonte eolica, fotovoltaica, geotermoelettrica e biomasse e dai rifiuti non biodegradabili – evidenzia per il 2014 nel Mezzogiorno una potenza efficiente per abitante doppia (+99,5%) rispetto a quella del Centro-Nord; lo sviluppo delle energie rinnovabili è sostenuto dall’attività di 29.800 imprese nella filiera delle rinnovabili che danno lavoro a 91.300 addetti.
Altro comparto chiave per l’economia del Mezzogiorno è rappresentato dall’artigianato a vocazione turistica: l’incidenza dell’artigianato nei settori a vocazione turistica nel Mezzogiorno è del 18,9%, superiore di oltre quattro punti al 15,7% medio nazionale e l’incidenza più elevata si riscontra in due regioni meridionali, la Campania con il 21,3% e la Sicilia con il 21,1%.
Importante anche la filiera dell’Alimentare che conta nella ripartizione 36.475 imprese artigiane, pari al 40,1% del totale nazionale.
Per liberare le potenzialità del Mezzogiorno vanno spezzati alcuni vincoli che ritardano lo sviluppo. Va adeguata la dotazione infrastrutturale della ripartizione che vede tutte le regioni – ad eccezione della Campania – al di sotto della media nazionale.
Tra 2005 e 2013 gli investimenti nel Mezzogiorno si riducono di un terzo (-33,7%) contro la riduzione di un quinto (-21,3%) osservata per il Centro-Nord, ed in particolare si assiste ad un crollo del 41,6% per le Isole. A settembre 2015 il costo del credito alle imprese continua a diminuire sia nel Mezzogiorno (-71 punti base in un anno) che nel Centro-Nord (-94 punti base), ma nel Mezzogiorno si paga stabilmente un tasso di interesse maggiore, pari precisamente al 7,13%, e superiore di 215 punti base rispetto al 4,98% pagato nel Centro-Nord.
Le disparità territoriali si evidenziano anche nella fiscalità locale: una impresa-tipo con 5 addetti del Mezzogiorno paga in un anno 10.774 euro per i 5 principali tributi locali (Irap, Addizionale comunale e regionale Irpef, Imu e Tasi), ben 647 euro in più (+6,4%) rispetto all’importo osservato nel Centro-Nord.
Uno dei temi maggiormente esaminati dall’Osservatorio è quello della maggiore presenza sommerso: il Mezzogiorno, infatti, mostra il più alto tasso di irregolarità del lavoro, pari al 18,9% contro una media del 12,8% e sono 212.371 le imprese artigiane esposte alla concorrenza sleale del sommerso, rappresentando un quarto (23,6%) del totale delle imprese esposte ed il 62,4% dell’artigianato della ripartizione. (fonte Confartigianato – foto Angelo Tortorella)