Aree costiere: presentato ieri il Rapporto Ambiente Italia 2016 di Legambiente
Oggi il 51% dei litorali italiani è stato trasformato da case e palazzi e la cifra, senza un cambio delle politiche, è destinato a crescere: negli ultimi decenni al ritmo di 8 chilometri all’anno, più della metà dei paesaggi costieri sono stati trasformati da palazzi, alberghi e ville.
Un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi attualmente in espansione; 14.542 sono le infrazioni accertate nel corso del 2014 tra reati inerenti al mare e alla costa in Italia, 40 al giorno, 2 ogni chilometro, ancora in crescita rispetto al 2013.
L’habitat marino è costantemente messo alla prova dall’inquinamento, con il 25% degli scarichi cittadini ancora non depurati (40% in alcune località) e ben 1.022 agglomerati in procedura di infrazione europea.
Il 45% dei prelievi realizzati da Goletta Verde nel 2015 è risultato inquinato, mentre la plastica continua a colonizzare spiagge e fondali marini. Solo il 19% della costa (1.235 chilometri) è sottoposta a vincoli di tutela. Questa la foto dell’Italia a partire dalle coste analizzate a 360 gradi, con 16 contributi di esperti dedicati alle aree costiere e allo stato di salute dei nostri mari e al Mediterraneo quale hot spot del cambiamento climatico, offerta dal rapporto Ambiente Italia 2016, a cura di Legambiente e edito da Edizioni Ambiente, che è stato presentato ieri a Roma.
Il volume, attraverso contributi diversi, mette in evidenza i diversi processi che incidono sullo stato di salute delle coste italiane e la stretta relazione tra i fenomeni. La stessa erosione costiera, un fenomeno in espansione legato a molteplici cause, che riguardano sia le trasformazioni provocate da porti e interventi sul litorale che la riduzione degli apporti dei sedimenti dalle aree interne attraverso i fiumi per vie di dighe, sbarramenti e cave. Situazioni che sarà sempre più importante monitorare per capire come intervenire in una prospettiva di cambiamenti climatici.
Le ragioni della fragilità delle aree costiere italiane – è noto – sono dovute a problemi idrogeologici e alle conseguenze di urbanizzazioni, sia legali che abusive, in posti scellerati spesso a rischio dissesto. E’ oramai evidente che alcuni fenomeni meteorologici – come i danni provocati da temporali, alluvioni e esondazioni che abbiamo visto negli ultimi anni a Genova, Olbia, Messina – si stiano ripetendo con nuova intensità e frequenza. Si tratta delle prime avvisaglie dei cambiamenti climatici che rendono i nostri territori costieri più fragili e mettono in pericolo le persone, insieme al fenomeno dell’innalzamento dei mari.
Eventi che occorre studiare con attenzione e rispetto ai quali dobbiamo mettere in campo nuovi interventi di adattamento nei territori e di protezione civile per salvare le persone. Tra le minacce incombenti il fenomeno dell’erosione costiera, che oggi interessa in maniera più o meno diffusa tutte le regioni italiane.
Oggi più di un terzo delle nostre spiagge è in erosione e il futuro sembra ancora più arduo per l’innalzamento del livello del mare e l’intensificarsi dei fenomeni climatici estremi, cui attualmente non stiamo dando risposte adeguate. In molti casi, per rispondere all’emergenza locale, si è intervenuti con la costruzione di scogliere aderenti alla costa che hanno, di fatto, solo spostato il problema, col risultato che oggi abbiamo interi tratti di costa coperti da scogliere artificiali, che non permettendo il ricambio idrico e la sedimentazione delle sabbie, contribuiscono al progressivo abbassamento dei fondali e ai possibili crolli cui si tenta di rispondere con strutture sempre più massicce e impattanti. Inoltre, queste difese artificiali provocano correnti pericolose che possono causare annegamenti. Di recente si è passati a utilizzare la tecnica del ripascimento dei litorali che sembra aver avuto maggiore efficacia ma che ha costi economici superiori. (fonte Legambiente)