E’ opportuno fare il punto della situazione sul DEF e sulla manovra di bilancio che il governo giallo-verde vorrebbe varare, intestardito sulle posizioni dei due vice, Di Maio e Salvini, i quali peraltro parlano due linguaggi diversi anche se dicono di non parole, mollare, nonostante tutti i segnali negativi dei mercati, degli esperti (pure di quelli all’interno del loro governo); purtroppo i tecnici loro colleghi di governo sembrano non avere molta voce in capitolo, e il Ministro dell’Economia Tria non sa più a quale santo fare appello.
Ma è sintomatico che lo stesso Paolo Savona, le cui opinioni sono per molti versi contestabili, ma che è comunque un economista, abbia detto che se lo spread tra bond italiani e tedeschi continuerà a salire, la manovra andrà necessariamente rivista.
Vediamo come stanno le cose.
Cos’è lo spread? E’ il differenziale tra il rendimento dei titoli di Stato italiani (Btp) e quelli tedeschi, il Bund (a 10 anni). In questo momento il rendimento del Btp italiano è in forte crescita, segno che sta diminuendo la domanda, perché gli investitori pensano che il nostro mercato sia fortemente incerto. In parallelo c’è una decrescita del rendimento del Bund tedesco, poiché chi acquista preferisce cercare rifugio in beni finanziari più sicuri, quali appunto i titoli di Stato di Berlino. E pure se per l’investitore l’aumento dello spread può essere una buona notizia in quanto beneficierà di un maggior rendimento dei Btp italiani alla scadenza, non può nascondersi che in prospettiva questo aumento danneggerà tutti.
L’aumento dello spread, infatti, indica che l’economia del Paese è vista come a rischio e questa non è una buona notizia per lo Stato italiano. La crescita dello spread Btp-Bund, infatti, significa che l’Italia, per ricevere dei prestiti, è costretta ad offrire dei tassi di interesse più elevati, andando così a far crescere il costo del prestito ricevuto che a sua volta andrà a pesare sul debito pubblico. Una delle conseguenze più gravi della salita dello spread tra Btp e Bund, quindi, è quello di un aumento inesorabile del nostro debito pubblico con tutte le conseguenze che ne derivano. L’eccesso di debito, infatti, provoca un’instabilità finanziaria con ricadute sui bilanci di famiglie, banche e aziende ossia di tutti i soggetti che devono finanziarsi.
Considerato che l’Italia vive sul debito pubblico che deve continuamente rinnovare, è facile immaginare la pesantezza della situazione nella quale ci troviamo.
Per il paese, quindi, tutto ciò è una sciagura, ma sembra che i nostri governanti non se ne preoccupino.
Lo spread sale: ha superato la soglia dei 300 toccando i massimi dal 2013 e sembra non volersi arrestare. L’aumento sta facendo molta paura ai risparmiatori, alle famiglie e in generale a tutti gli italiani che si interrogano sulle conseguenze nel caso dovesse toccare vette più alte: ma anche al livello attuale è tutt’altro da sottovalutare.
Cos’è Il default? Il termine indica “inadempienza”, cioè la mancata possibilità di un debitore di mantenere i suoi impegni nel rimborso dei suoi debiti. Nel nostro caso è lo stato italiano che rischia di non poterlo fare, e quindi potrebbe andare in “default”.
Rischio “default”. Se la manovra non sarà modificata il rischio per il paese è più che certo, anche se non immediato; il ceto medio si impoverirà ulteriormente scendendo a livelli più bassi; le famiglie sarebbero costrette ad acquistare solo i beni essenziali, provocando, in tal modo, una recessione; la produttività diminuirebbe, le aziende non saprebbero a chi vendere i loro prodotti e sarebbero costrette a ridimensionarsi, con le conseguenze sociali che tutti immaginano, disoccupazione in prima linea, e le famiglie, già impoverite, perderebbero ulteriore entrate.
Le banche: sono le più preoccupate, al momento, per la crescita dello spread, in quanto hanno molto investito in titoli di Stato che si deprezzerebbero, perderebbero valore. Con gravi conseguenze sugli impieghi che le banche dovrebbero necessariamente diminuire, a meno che non compensino il deprezzamento dei titoli con aumenti di capitale difficili da effettuare in quanto non troverebbero investitori disponibili, se non a condizioni più redditizie, che contribuirebbero ad accrescere la crisi delle banche e del sistema in generale.
Stangata sui conti delle banche. I primi segnali si stanno già avvertendo. Una indagine condotta su diciassette banche italiane ha preso in esame tutti i costi per usufruire dei principali servizi di conto corrente, mettendoli in paragone con i prezzi degli stessi servizi aggiornati a settembre 2018.
Oggi il versamento sui conti delle banche costa il 60% in più rispetto all’inizio dell’anno. Ma pure i costi dei prelievi sono aumentati: quelli fatti allo sportello sono aumentati del 48%, quelli fatti tramite Atm (bancomat, ecc.) costano il 19% in più; e anche gli utilizzi delle carte di credito costano di più, in quanto il canone annuo è cresciuto.
Pure le banche online si sono adeguate; fino all’inizio dell’anno esse offrivano i loro servizi quasi gratuitamente, ora hanno applicato dei rincari, in particolare la voce che ha subito il maggior aumento in assoluto (60% in più) è quella relativa ai versamenti di contanti e assegni; le commissioni sui bonifici sono aumentate dell’11%, e sono aumentate anche quelle per prelevare contante agli sportelli; analogamente sono aumentate le commissioni sui prelevamenti tramite Atm (bancomat ecc.) che registrano un aumento pari al 19,30%. E’ vero che su alcuni servizi le commissioni sono state abolite (ad esempio sugli accediti della pensione), comunque si registra una generalizzata tendenza all’aumento dei costi.
La fonte di queste rilevazioni è autorevole, trattandosi di SosTariffe, sito indipendente specializzato nei confronti di costi e tariffe.
Questa è, al momento, la situazione che preoccupa tutti, ad eccezione dei maggiori esponenti di questo governo, particolarmente i due vice-premier ai quali sembra accodarsi passivamente lo stesso Presidente del Consiglio, che in molte occasioni parla in maniera incomprensibile e sibillina.
Per la preoccupante situazione, non a caso che lo stesso Presidente della Repubblica, qualche giorno fa, ha voluto incontrare il Presidente della BCE, Mario Draghi, per un colloquio riservato sul quale vige un totale riserbo.
Un fatto è comunque certo: gli italiani sono preoccupati, molti non vanno a dormire se non dopo aver ascoltato le ultime novità sugli indici di borsa, sul valore dello spread, sull’andamento dell’economia; e si svegliano con il pensiero fisso sugli stessi argomenti, e prima di preparare il caffè sono lesti a sintonizzarsi sulle emittenti radio e televisive che danno tali informazioni.
Speriamo che se ne ricordino alle prossime elezioni, in particolare alle prossime europee, per contrastare questo becero populismo che ci vede alleati a paesi che sperano in un rinnovato sovranismo.