Unioni civili, era ora!

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Finalmente, dopo circa trent’anni di chiacchiere, anche l’Italia si allinea ai Paesi che hanno regolato per legge le unioni civili.

Ci avevano già provato in precedenza, ricordo il progetto di legge di Rosi Bindi all’epoca del Governo Prodi, noto come Di.Co. (DI.ritti dei CO.nviventi) affossato dai parlamentari per le solite questioni di coscienza sapientemente pilotate.

Ora ci ha provato il Governo Renzi e, nonostante molte sofferenze e qualche compromesso, ci è riuscito.

La legge, già approvata, dopo un tormentato iter, al Senato, ora è stata definitivamente approvata anche dalla Camera, con 372 voti a favore, 51 contrari e 99 astenuti, e con le violente critiche delle opposizioni per l’ennesimo voto di fiducia posto dal Governo al fine di evitare che il testo, già tagliato al Senato, subisse ulteriori modifiche alla Camera e dovesse essere, quindi, riportato al Senato, rientrando così in quella perversa spirale già più volte sperimentata.

Molti altri, oltre alle opposizioni ed alle gerarchie ecclesiastiche, hanno storto il naso, qualcuno ha anche commentato che Renzi, con questo ulteriore voto di fiducia, ha confermato il suo atteggiamento arrogante e dittatoriale, la sua “democratura”; sarà, ma oramai è notorio che in questo Paese, e fino a quando non sarà definitiva la legge che ha modificato le prerogative e le competenze della Camera e del Senato, e che verrà sottoposta al referendum del prossimo ottobre, se si vuole veramente cambiare qualcosa, rimane solo il voto di fiducia, il quale priva le opposizioni delle democratiche prerogative di apportare il loro contributo, ma evita anche di menar il classico “can per l’aia” e bloccare tutto com’è avvenuto finora in tantissime occasioni, facendoci arretrare in tanti campi; ben venga, quindi, il ricorso al voto di fiducia se è l’unico sistema per ottenere qualche cambiamento.

Coloro che ancora storcono il naso sulla legge e sull’apertura nei confronti delle coppie di fatto, di tutti i tipi, dovrebbero ricordare che nel mondo già tantissimi sono i Paesi che hanno introdotto nei loro ordinamenti norme analoghe, che l’Italia è il 25 paese in Europa ad averlo fatto e che la mancanza di regolamentazione del settore ci ha esposti a censure e richiami da parte della U.E.

E coloro che si appellano ai consigli pressanti dati dalle gerarchie ecclesiastiche contro questa legge, dovrebbero considerare che, in un mondo complesso come il nostro, ognuno svolge il proprio ruolo“”secondo scienza e coscienza”” , molto di più secondo scienza e meno secondo coscienza giacché appare opportuno ricordare il detto popolare il quale esorta a fare ciò che i sacerdoti dicono sull’altare, anche se, altrove, fanno il contrario: tanti prelati oppositori non risultano, in privato, così ligi alle leggi e alle coscienze; ciò che ho detto sembra una sterile punzecchiatura polemica, ma è da considerare che tante stranezze italiane sono derivate, e ancora derivano, dall’ingerenza che ancora esercita sulle coscienze l’apparato ecclesiastico, e della presenza del Vaticano che ancora incombe sul paese.

Non è detto, ad esempio, che se un Pontefice, ricevuto in Parlamento, evidenzia la drammatica situazione delle carceri italiane chiedendo un’amnistia, il Governo italiano si debba sentire impegnato a farlo, com’è avvenuto qualche anno addietro, con disastrose conseguenze.

Bene ha detto Matteo Renzi, durante la trasmissione del 12 maggio a “Porta a Porta”: “”L’atteggiamento negativo di parte della chiesa era largamente atteso. Io sono cattolico ma ho giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo. Se sei convinto che una cosa sia giusta, la fai. E se dovrai pagare le conseguenze in termini elettorali, le pagherai. Le cose che dobbiamo fare le stiamo facendo, indipendentemente dal rischio di perdere consensi”.

Una precisazione: quando parlo, ovviamente a titolo personale, di presenza ossessiva e ingerenza del Vaticano e del Clero, non mi riferisco affatto a Papa Francesco il quale, in questa circostanza, come in tante altre precedenti, è stato defilato e mai ha espresso un suo pensiero nemmeno in maniera velata: e questo suo atteggiamento fa molto riflettere. Anzi, tramite suoi collaboratori a lui più vicini, non sembra essere tanto critico nei confronti della legge appena approvata; il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano, non scomunica la nuova legge sulle unioni civili; Lo Stato fa la “sua parte” e si impegna in “scelte che sono proprie” ma “non dimentichi la famiglia”.  E si accosta al nuovo provvedimento con un atteggiamento di maggior comprensione rispetto a quanti hanno avuto parole dure. “Ci sono visioni diverse e lo Stato è giusto che faccia la sua parte” afferma il ‘ministro della Cultura’ del Vaticano. Vorremmo ci si impegnasse tutti di più per la famiglia ma diciamo anche che lo Stato fa delle scelte che sono sue proprie”.

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