Il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, invoca i “riflettori nazionali” sull’ultima vicenda giudiziaria che lo sfiora. Come “vittima” o meno di una presunta concussione mediata sull’applicazione della legge Severino da colui che per anni ha esercitato le funzioni del suo braccio destro.
Sarà la magistratura, verso la quale egli ripone fiducia, a verificarne contorni e responsabilità. Si tratta di una vicenda che ha tutti gli ingredienti della notizia che varca i confini locali. Dentro l’inchiesta ci sono un magistrato ed il suo coniuge e lo stesso De Luca.
Al di là della relativa posizione di indagato o offeso, a suscitare clamore è il suo curriculum di politico anomalo e di sfidante verso normative vigenti da lui qualificate come “idiozie”: contestatore della legge Severino che lo costringerebbe a staccarsi per 18 mesi dalla poltrona più alta di Via S. Lucia; accusatore del Presidente della Commissione Antimafia che lo riteneva “impresentabile” per la carica di Governatore della Campania; collezionista di procedimenti penali per forzature di regole e norme di legge attivate durante la sua esperienza di amministratore locale.
C’è qualcosa che non collima con i suoi propositi di operare con “trasparenza e correttezza”. O è la pignoleria dei magistrati a colpirlo con atti dovuti ed a svalutarne il percorso politico? Di certo non è un capriccio dei media ad accendere i riflettori su di lui.
Non è fuori luogo immaginare un suo compiacimento per il ruolo conquistato nella ribalta nazionale.
In fondo il narcisismo, nel bene e nel male, non è il petrolio dei leader?