Le vicende legate alla nuova legge che regola il servizio idrico integrato in Campania rendono ancora una volta evidente il peso deleterio della burocrazia nel nostro Paese.
Una delle lamentele che fece Renzi quando venne nominato Presidente del Consiglio fu contro la burocrazia la quale condiziona la politica al punto da diventare una specie di piovra che, con i suoi tentacoli, blocca e ingarbuglia i testi delle leggi, rendendoli incomprensibili.
Non è che i legislatori abbiano il dono della chiarezza, sono uomini come tutti noi e quindi hanno gli stessi pregi (pochi) e gli stessi difetti (molti).
Ma a questi i burocrati aggiungono molto di “loro”, essendosi specializzati nel complicare anche le cose più semplici avendo, molto probabilmente, seguita la scuola del “CAS – Complicazione Affari Semplici”.
E la maledetta burocrazia non è solo una prerogativa degli uffici governativi centrali, in quanto, purtroppo, anche a livello locale ha steso i suoi tentacoli: Regioni, Province (che purtroppo esistono ancora), Comuni e una miriade di Enti e strutture locali ne sono vittime in quanto i burocrati fanno a gara a chi più può complicare la vita degli amministratori e, di riflesso, quella dei cittadini.
Renzi era già ben consapevole di tutto ciò in quanto, per la sua esperienza di amministratore pubblico, era già stata vittima della burocrazia.
Molto probabilmente il Governatore De Luca non era bene a conoscenza della maledetta burocrazia.
De Luca ha una passata esperienza di sindacalista e, pertanto, non ha né la mentalità né la tempra del burocrate e, d’altronde, anche il suo carattere lo porta a pensare in maniera concreta e fattiva; non avrebbe potuto realizzare ciò che ha fatto a Salerno (dalla copertura del trincerone al Crescent) se non avesse avuto queste caratteristiche di fattività e concretezza che, d’altronde, traspaiono anche dai suoi colloqui/soliloqui/reprimende che non fa mancare e che ben vengano interpretati… anche da Maurizio Crozza.
Tra i primi provvedimenti adottati da De Luca Governatore c’è, ultima, la legge sul riordino della gestione integrata delle risorse idriche in Campania.
La legge, al momento, non è stata ancora pubblicata, ma abbiamo letto il testo del disegno di legge, approvato dalla Giunta regionale il 2 settembre scorso e, a parte il mal di testa che mi è venuto, mi ha fatto riflettere sulla quasi totale incomprensibilità di molti articoli.
Un esempio à dato dal seguente paragrafo, integralmente copiato da quel testo:
“””Tariffa d’ambito, la tariffa di base, determinata dall’Ente Idrico Campano, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all’articolo 149, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 152 del 2006 quale componente della tariffa da applicarsi all’utenza previa eventuale integrazione determinata per Ambito distrettuale in conseguenza delle indicazioni del Piano d’ ambito, così come integrate dal Piano operativo distrettuale di ogni singolo distretto”””.
Chiedo scusa ai lettori se ho trasmesso anche ad essi il mal di testa (qualche masochista che volesse aggravarlo è rinviato all’intero testo pubblicato su internet).
E’ giustificata, pertanto, la considerazione di chi dice che, proprio per la ermeticità dei testi, le leggi sono di difficilissima applicazione e si prestano a una molteplicità di interpretazioni; in questo caso, certamente non facilitano l’Ente Regione né i cittadini a venire a capo della questione della gestione dell’acqua in Campania, molto sentita e tanto dibattuta.
Ricordo che il referendum di giugno 2011 fu chiarissimo: oltre il 95 per cento della popolazione votò per la gestione pubblica, ma la volontà popolare non solo è stata disattesa, ma anche ora si tenta di travisarla, laddove, nel mentre con dichiarazioni di principio, si dice che:
“”” La Regione Campania riconosce che l’acqua è un bene collettivo di origine naturale, che va tutelato ed utilizzato prioritariamente per le occorrenze della vita umana, nel rispetto degli altri bisogni della flora e della fauna presenti nel territorio regionale e dei diritti inviolabili spettanti alle generazioni future per la fruizione di un integro patrimonio ambientale”””
dal che dovrebbe, conseguenzialmente, venire fuori una legge che attribuisca a Aziende pubbliche la gestione di tale bene collettivo e indispensabile per la vita, ma, al contrario, nel testo che segue, dà adito a soluzioni diverse; allo stato dei 520 Comuni campani, solo quello di Napoli ha attuato la pubblicizzazione.
Se il Governo centrale (Renzi & Co.) avessero voluto veramente rispettare la volontà referendaria, non sarebbe stato più semplice varare una legge con solo due articoli che, richiamando quel referendum, avessero affidata “la gestione delle risorse idriche ad Aziende pubbliche sotto il diretto controllo delle Comunità e dei Comitati all’uopo costituiti” e “abrogate tutte di tutte le leggi e disposizioni contrarie” ?
Ma non è che il Governo centrale e quelli locali abbiano interessi a che la burocrazia ingarbugli le acque (tanto per rimanere in argomento) per consentire, nella confusioni di leggi incomprensibili, che vengano creati mostri come, ad esempio, la GORI?