M5S, cambio di passo o maquillage?
L’ex Premier Giuseppe Conte riuscirà a rigenerare il M5S? Ha detto che non ne rinnega il passato e ne promette un riassetto organizzativo ed associativo, precisando che non si limiterà a fare maquillage e marketing.
Si tratta di un cambio di passo doppio per un movimento che, vincente sull’onda dei “vaffa” contro il sistema della casta politica, ne rivendichi la centralità ora che è in declino di consensi.
Al momento, non appare con evidenza la visione che ne dovrebbe caratterizzare l’essenza. Al di là degli slogan di maniera sull’europeismo e sull’ecologismo non si intravede una weltanschauung alternativa nella quale riporre aspettative di governo della società e dello Stato.
Dalle cronache sono arrivate finora notizie di turbamenti interni al movimento e traccheggi per future alleanze possibili da incardinare per le prossime consultazioni amministrative e da coltivare con il PD per la salvaguardia della legislatura dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
In tutto questo non c’è nulla di stravagante in un contesto di forze tradizionali alternative e/o alleabili negli ambiti delle famiglie che si riconoscono nel centrodestra o nel centrosinistra, secondo comunanze di cultura politica e sociale e di visione delle istituzioni. Perciò, l’interrogativo posto in premessa non riguarda soltanto la leadership che Conte si appresta ad esercitare, ma anche la natura del movimento e le ragioni della sua esistenza oltre la protesta che non si é completata in una proposta compatibile con il sistema della rappresentanza prevista dalla nostra Costituzione.
E’, un po’, l’avventura già vissuta da altri fenomeni di protesta nati in altre stagioni e riassorbiti dal sistema dei partiti tradizionali di cui erano schegge: dall’Uomo Qualunque, all’UCSI in Sicilia, alla RETE ed all’Italia dei Valori.
La diversa connotazione del M5S merita una riflessione in più sul riflusso di un vasto consenso di elettori che ha dato origine ad una stagione politica inedita sganciata dalle ideologie ed approdata nell’indifferenziato dell’uno vale l’altro: destra o sinistra, Lega o PD pari sono. E’ facile darne un senso o per stato di necessità o per attaccamento all’esercizio del potere.
Resta l’interrogativo, in primis, sul successo pentastellato del 2018 sul quale ci si aspetta una sincera autocritica da parte dei partiti tradizionali finiti all’angolo; nell’attualità, sul tema del cambiamento che non entusiasma parte del popolo grillino ma trova sponde nei vertici del PD ed in pezzi di altri partiti e poteri.
Si tratta di un’operazione da tenere sotto osservazione che può articolarsi sotto forma di un esperimento “in vitro” per la tenuta di un patrimonio elettorale da spendere ed utilizzare alla bisogna oppure della metamorfosi dei “vaffa” in germogli la cui fertilità, come in natura, sarà premiata dal bacio delle api o delle mosche.