La nuova grammatica politica di Giorgia Meloni
La nuova grammatica politica di Giorgia Meloni
Non è usuale, a nostra memoria, nel linguaggio corrente della politica che un Presidente del Consiglio dei Ministri in pectore impegnato nella formazione di un nuovo Governo dica “non sono ricattabile”.
La frase è di Giorgia Meloni, leader di FdI, rivolta al comportamento di uno dei partner della nascitura compagine governativa: Silvio Berlusconi, ferito nell’orgoglio di padre putativo del centrodestra.
Al di là del destinatario diretto, si tratta di un messaggio innovativo rispetto alla tradizionale grammatica politica italiana costruita su alchimie di Palazzi, compromessi, consociativismi o inciuci, secondo un consolidato repertorio mediatico.
Lo scontro si è consumato con l’irritazione di Berlusconi in risposta al rifiuto della Meloni di inserire Licia Ronzulli di FI nella lista dei probabili Ministri. Sul punto, nonostante la sequenza di aggettivi scorretti usati nei suoi confronti da Berlusconi, Giorgia Meloni ha avvertito che va avanti e può farlo “con una squadra coesa, di gente capace” di cui possa fidarsi, altrimenti sarebbe “inutile anche solo cominciare”. Come dire patti chiari ed amicizia lunga: anch’essi inusuali nelle pratiche parlamentari trasformistiche che hanno dato vita negli ultimi decenni alla formazione di Governi non confortati dal consenso dei risultati elettorali.
Non era prevedibile che l’inciampo, dopo una campagna elettorale condotta è vinta su un centrosinistra frantumato, si verificasse nel giorno dell’inaugurazione della legislatura con l’elezione alla seconda carica dello Stato di una figura storica della destra, Ignazio La Russa, e con il ritorno, dopo nove anni, di Silvio Berlusconi nell’aula di Palazzo Madama dalla quale era stato espulso. Tant’è in una solennità graffiata proprio dal padre putativo del centrodestra. Ne hanno tratto materiali per una campagna di delegittimazione esponenti delle variegate opposizioni, per consistenza ed orientamenti politici.
Su tutti spiccano le parole pronunziate in un consesso internazionale dal leader del centrosinistra, Enrico Letta, nei confronti delle scelte fatte dai parlamentari di Senato e Camera per i vertici delle rispettive istituzioni. Anche su questo punto Giorgia Meloni ha fatto sentire il suo richiamo al rispetto delle istituzioni a prescindere dalle persone chiamate a rappresentarne l’essenza dello Stato: etica e cultura politica maturata in anni di militanza nella destra con la fiamma tricolore, i cui rappresentanti, in tutte le legislature della Repubblica, sempre a nostra memoria, hanno manifestato comportamenti riguardosi verso la dignità istituzionale conferita ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
L’inciampo non può non avere conseguenze o quanto meno strascichi nel prosieguo delle relazioni interne al centrodestra e, nel contempo, è prevedibile che venga fatto pesare, in sede di consultazioni al Quirinale, da parte delle opposizioni per argomentare l’inopportunità di conferire l’incarico di formare il nuovo Governo a Giorgia Meloni. Se ne comprende la voglia di disattendere i risultati usciti dalle urne da parte dei perdenti al fine di riproporre, in alternativa, un’altra variante di solidarietà nazionale in cui poter far valere anche il loro protagonismo.
E già da dietro l’angolo si sentono soffiare venti di antifascismo, che hanno agitato la campagna elettorale, o derive autoritarie fatte circolare da italici agit-prop sia nei circoli delle oligarchie di potere consolidato a livello internazionale e sia nell’universo domestico degli antagonismi di piazza.
Manca poco meno di una settimana al pettine delle consultazioni che dovranno concludersi con il conferimento dell’incarico di formazione del Governo di inizio legislatura.
Per oggi è previsto un incontro tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni nella sede di FdI.
Si avvia il disgelo ed in questo spazio la leader di FdI, partito di maggioranza relativa dovrà verificare i livelli di adesione alla sua grammatica della responsabilità politica declinata verso i responsi della volontà popolare ed a salvaguardia della dignità delle istituzioni.
Al Presidente della Repubblica spetta l’ardua decisione, al bivio, che potrebbe rivelarsi ristagno di attitudini al traccheggio oppure prodromo di una svolta storica.