Giovanni Tria, il Cireneo del governo giallo-verde
Separati in casa: tali sembrano sempre di più i due massimi esponenti del governo giallo-verde, che passano le loro giornate a punzecchiarsi, prima a distanza, ora sempre più spesso anche quando sono uno accanto all’altro, pure se subito dopo si affannano ad assicurare che tutto va bene, che nubi all’orizzonte non ce ne sono, che la coalizione è solida, che nemmeno le prossime elezioni europee metteranno in crisi questo loro governo del cambiamento.
Facce di bronzo nella politica italiana ce ne sono state tante, ricordo quelle più recenti dei governo Berlusconi il quale pure si affannava a dire che tutto andava bene, che l’economia era florida e sana, che gli italiani erano ricchi, che vivevano benissimo, che i ristoranti erano pieni … e bla.bla.bla. Si è visto, poi, come sia andata a finire.
Anche Berlusconi ha avuto i suoi problemi all’interno delle coalizioni che ha diretto, ma non risulta che tra lui e i suoi alleati si sia mai arrivati ai ferri corti così come ora tra Salvini e Di Maio.
E non è che Berlusconi non avesse spine nel fianco, a cominciare dall’ex “senatur” Umberto Bossi, quello di “Roma ladrona” e dell’ormai decotto “tegn’ dür, mai molar – tieni duro, mai mollare”, che di “intrallazzi” quand’è stato al governo pure ne ha fatti, specialmente con i rimborsi, tant’è che ha lasciato un buco di 49.milioni di Euro (mica bruscolini!), che poi si è trovato sul groppone l’attuale segretario della Lega, Matteo Salvini, il quale tanto ha detto e, in più, tanto ha fatto, da ottenere, non si sa ancora bene come, una “congrua” dilazione di soli 79 anni.
E c’era pure Tremonti che lo metteva in croce in giorno si e l’altro pure, e se ne andava in giro per la UE facendo il bello e il cattivo tempo spesso senza interpellarlo, e alla fine Berlusconi era costretto a fare buon viso a cattivo gioco.
Ma non risulta che il Berlusca si sia mai lasciato andare a punzecchiature e frasi così pesanti come quelle che ormai quotidianamente si scambiano Di Maio e Salvini a distanza sempre più ravvicinata.
Fatto questo preambolo, vediamo cosa è capitato e cosa si sono detti, negli ultimi giorni, Di Maio e Salvini, specialmente a proposito del sempre più frastornato Ministro dell’economia, Giovanni Tria.
Il quale da un lato non perde occasione per esporre le sue nebulose teorie sulla tenuta dei conti, sul prossimo Def (il famigerato documento di economia e finanza), sulla improbabile correzione dei conti e sulla nuova manovra che si dovrà comunque fare tra qualche mese: siamo ad aprile, fino a maggio saremo impegnati nella campagna elettorale per le elezioni europee, poi ci saranno i “chiarimenti” nel governo, poi verrà l’estate e si sa che il caldo tutto sospende, pertanto l’autunno della prossima manovra è vicino, con la speranza che non siano lacrime e sangue come tanti temono.
Ma dall’altro lato Tria fa capire che, fosse stato per lui, se ne sarebbe andato già da un pezzo, e che i due governanti e il pure frastornato premier Conte debbono ringraziare il Presidente Mattarella e i massimi organi della Comunità europea se egli sta ancora al suo posto proprio per arginare le forzature che i due vice vorrebbero imporre a dispetto di ogni dettame tecnico, logica e buon senso, rendendo sempre più difficile tenere i conti in ordine ed evitare che si vada fuori dei solchi tracciati allorquando venne approvata la contestatissima manovra 2019.
Tria dà sempre più la impressione dell’evangelico Cireneo, il giudeo che venne costretto dai soldati romani a prendere sulle sue spalle la croce di Cristo e portarla sul Golgota: Tria sembra stia facendo la stessa cosa, gli hanno addossato una croce che giorno dopo giorno diventa sempre più pesante, ma che, purtroppo, sembra solo un inutile tormento, per lui e per noi.
Negli ultimi giorni l’argomento preferito dei due vice è stato proprio il Ministro Tria, specialmente in merito al rimborso alle vittime delle banche in default, ma non solo.
Da un lato Salvini attacca: prima dice che i rapporti con Tria “sono eccezionali”, poi aggiunge che se non si decide a scrivere il decreto attuativo della legge per indennizzare i truffati delle banche “lo andiamo a scrivere noi, perché non credo che si possa aspettare mezz’ora in più”.
Dall’altro lato rincalza Di Maio ci va dentro a randellate e su Facebook scrive “Qui non basta che il Mef (Ministro dell’economia e finanza) firmi subito il decreto per rimborsare i risparmiatori truffati dalle banche, bisogna anche che i rimborsi arrivino subito e che parta la commissione d’inchiesta sui truffati”.
Ma Tria tiene duro in quanto sa che questa faccenda è un groviglio non tanto semplice da sciogliere, perché da un lato c’è la Commissione UE che non consente tali tipi di risarcimenti come aiuti di stato, dall’altro c’è da verificare chi effettivamente ne ha diritto in quanto ogni caso va esaminato e approfondito per evitare truffe ai danni dello Stato.
Quindi non è possibile procedere “sic et sempliciter” ai risarcimento sulla base delle semplici domande, come vorrebbero i due vice-premier che hanno preso in campagna elettorale questo impegno (e lo hanno successivamente ribadito), ma occorre esaminare ogni singolo caso.
Ed ecco che spunta l’ipotesi di un a Commissione tecnica, con i “requisiti di indipendenza e di competenza, onorabilità e probità”, fra l’altro già prevista dalla legge di bilancio.
Successivamente si dovranno assegnare le competenze e i fondi necessari alla Consap, che è la Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici, una spa costituita nel 1993 interamente partecipata dal Mef.
Fra l’altro Bruxelles, pure avendo dato un segnale di apertura al nostro governo riconoscendo la possibilità di rimborsi diretti ai risparmiatori per motivi sociali, suggerisce di limitarli solo a quelli con Isee (il non amato Indicatore di Situazione Economica Equivalente delle famiglie, che tiene conto di reddito, patrimonio e caratteristiche del nucleo familiare) non superiore a 35.mila euro, con patrimonio non superiore a 100.mila euro. Si creerebbero, pertanto due categorie di risparmiatori truffati, la prima di quelli meno abbienti, che dovrebbe essere risarcita più rapidamente, cosa che il governo, ma soprattutto il M5S, vuole evitare.
Frattanto nella già ingarbugliata questione spunta il “mis-selling” che la C.E. ha introdotto nelle norme comunitarie e che sta a indicare “la vendita fraudolenta di prodotti finanziari come presupposto al rimborso attraverso soldi pubblici”, e che innesta un altro meccanismo, vale a dire l’accertamento della vendita fraudolenta.
Quindi si ritorna alla Commissione tecnica e all’allungamento dei tempi, cosa che a Di Maio e Salvini è vista come la peggiore delle iatture; temono infatti che se anche questa loro promessa elettorale non sarà mantenuta in tempi brevissimi avrà una influenza imprevedibile sulle prossime elezioni europee.
“I rimborsi dovevano partire ieri, ha sbottato Salvini, è già passato troppo tempo, abbiamo messo in bilancio quasi due mesi fa un miliardo e mezzo, ma i tecnici approfondiscono, studiano, riflettono, però c’è un limite perché la gente non ha più tempo, deve pagare il mutuo, non può più aspettare”.
Insomma per questa vicenda Tria è nel mirino; ufficialmente i due vice-premier lo blindano, ma a microfoni spenti non risparmiano critiche, anche pesanti, accusandolo scarsa collaborazione, se non di intralcio.
In effetti proprio Tria è stato tra i pochi a confermare i non pochi dubbi dell’Europa e delle agenzie di rating sulla situazione economica italiana; per questo sembra che la tensione sia giunta ad un livello tale da spingere Di Maio a liberarsi di Tria, reo di essere stato troppo accondiscendente ai diktat europei, di aver criticato la manovra economica che è stato costretto a fare, di creare ora tanti problemi per il rimborso ai truffati delle banche e anche per la questione di Alitalia, alla quale il governo continua a “regalare” miliardi senza risultati.
Secondo indiscrezioni, Di Maio avrebbe ipotizzato un rimpasto di governo da mettere in atto subito dopo le elezioni europee, incentrato principalmente sulla rimozione del Ministro Tria, il quale sarebbe stato pesantemente intimidito e offeso con espressione come “lo paghiamo deve fare quello che diciamo noi”, cosa che nemmeno all’ultimo travet ci si sogna di dire.
Salvo poi a tirare i remi in barca asserendo che “al Mef confluisce il lavoro di tutti, se diciamo che il governo sta lavorando bene, diciamo che lavora bene pure Tria”.
Orbene che qualcuno, sia pure vice-premier, peraltro ignorante e senza nessuna esperienza non diciamo di economia o di amministrazione, ma nemmeno lavorativa, possa trattare in questo modo un tecnico come Tria, economista e docente universitario, conosciuto più all’estero che in Italia, è una cosa che fa venire i brividi e lascia moltissime perplessità, prima fra tutte sul perché Tria dignitosamente non mandi tutti al diavolo.
Ed ecco che entra in gioco il Presidente Mattarella e l’UE, nei confronti della quale Tria si è impegnato in prima persona, in verità unitamente a Conte, ma tra i due chi gode maggior fiducia è proprio Tria; e Mattarella lo sa bene, ed è per questo che sta dietro Tria ed evita che faccia un colpo di testa.
Probabilmente è anche per questo che il ministro Tria è sempre meno tollerato da Di Maio e Salvini i quali, comunque continuano a beccarsi a sangue tutti i santi giorni.
Oramai, se continueranno di questo passo, tra poco i due leader prima si prenderanno a cazzotti in pubblico, poi si sfideranno a duello, magari all’arma bianca, ma con armi differenti, Salvini con la sciabola e Di Maio col fioretto, ma non all’ultimo sangue, giacché nessuno vuole, bontà loro, che l’altro definitivamente perisca, ma piuttosto che sopravviva e collabori.
E magari nella successiva riunione del Consiglio dei Ministri fingeranno ancora di andare d’amore e d’accordo per poi riprendere a scazzottarsi.
Qualcuno suggerisce che non è possibile un duello tra uno armato di sciabola e l’altro di fioretto; e mi vien quasi da dire “ma questo lo dice lei” in quanto le regole, anche per i duelli, si possono sempre cambiare, altrimenti che governo del cambiamento è!
Purtroppo sembra che di questo pane dovremo continuare a nutrirci tutti i giorni almeno fino alle prossime elezioni europee; a meno che qualcuno (!) non stacchi la spina prima e mandi tutto a gambe all’aria, col che riacquisteremmo un po’ di pace mediatica.
Magari correremmo anche qualche ulteriore rischio. Ma tanto, peggio di così!