Epicrisi… la speranza è il ritorno alle urne
Epicresi secondo esperti linguisti, è un termine desueto, molto dotto: mi è stato suggerito da un sito web che quotidianamente trasmette perle linguistiche che aiutano a mantenere vivo il mio non tanto giovane cervello.
Confesso il mio peccato, basato su una sottile perfidia: il termine mi è particolarmente gradito in quanto evoca qualcosa che a me, e a chi sa quanti altri, fa venire in mente una soluzione dei nostri problemi politici, economici e sociali nei quali ci stiamo incartando; leggendo e approfondendo il significato di questo vocabolo è facile comprendere come ben si addica alle attuali contingenze e il passo per auspicare un …eventuale sviluppo è piuttosto breve.
Il significato di “Epicrisi” è il giudizio conclusivo o finale desunto da una somma di giudizi parziali; il termine proviene dal greco “epikrisis” (deliberazione, giudizio) composto da “epi” (sopra) e “krisis” (giudizio), come qualcuno dei miei cinque affezionati lettori, proveniente dagli studi classici, ben comprende.
E’ un vocabolo definito dottissimo, ma anche un tantino misterioso, indice della soluzione progressiva di tanti problemi, e in tale ottica il termine dovrebbe essere ben più diffuso.
Non sempre, infatti, la completa spiegazione di un fatto si può ottenere valutando un solo aspetto, una sola origine, in tantissimi è necessario mettere insieme più circostanze, più accadimenti per pervenire ad una conclusione che sia la più prossima alla realtà.
Che “ci azzecca”, per dirlo alla maniera di Antonio Di Pietro, il termine Epicrisi col governo giallo-verde che ci ritroviamo?
Il giudizio complessivo, almeno al momento, su questo governo, è dato dalla somma dei giudizi parziali da attribuire ai vari episodi, attività e soprattutto contrasti e che hanno distinto il periodo che va dal 1° giugno 2018 ad oggi; eventi che sono stata la manna di tutti i media nazionali ed europei, e che, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di seguire e commentare.
Per i lettori che assiduamente seguono questo giornale basterebbe andare a rivedere i vari commenti fatti per rendersi conto della situazione in cui siamo e delle difficoltà che questo paese, grazie a questi governanti, inizia a vivere e che, purtroppo, temo si aggravino sempre di più.
Una per tutte: la recessione nella quale purtroppo siamo entrati, negata da Conte (il 2019 sarà un anno bellissimo, ha detto qualche giorno fa quando la recessione oramai era stata già certificata), da Di Maio e da Salvini, e da tutto il codazzo giallo-verde, l’avevamo anticipata appena qualche giorno prima, non perché avessimo la palla di vetro, ma basandoci solo sugli indicatori economici che erano sotto gli occhi di tutti, ma non di quelli che avrebbero dovuto vederli.
Se partiamo dall’inizio, vale a dire dalle trattative per formare il governo, ricordiamo i tentennamenti di Di Maio, altalenante tra accordo col PD o con la Lega; e non ci vuole tanto a capire che il Di Maio e il suo movimento, così facendo, avevano già dichiarato forfait; se l’accordo col PD fosse andato in porto, non è pensabile che il PD avesse consentito al M5S lo scempio che ha fatto, dei conti pubblici, dei rapporti con l’UE, dei rapporti con le Istituzioni e con gli altri paesi.
Né poteva illudersi che l’accordo con la Lega di Salvini potesse contenere l’esuberanza di quest’ultimo, il quale, svincolatosi dall’abbraccio del Cavaliere e della Meloni, ha avuto buon gioco a mettere nel sacco il “damerino” Di Maio e recuperare in pochi mesi consensi, sottraendoli in larga parte proprio al M5S.
I contrasti tra Di Maio e Salvini, oggi, sono il frutto della ingenuità e dell’ambiguità iniziale, e questo è il primo risultato negativo dal quale derivano, a cascata, tutti gli altri; la mancata coesione ideologica tra le due forze ha fatto in modo che se all’una premeva di fare il bello e cattivo tempo sul tema dell’immigrazione, doveva consentire all’altro di fare altrettanto sul reddito di cittadinanza; e se a Salvini premeva annullare la legge Fornero (alla fine la Fornero ha resistito in quanto la strombazzata riforma della “quota 100” è solo l’apertura di una timida finestra nel blocco che la Fornero aveva architettato), Di Maio ha avuto buon gioco a far digerire all’altro tanti rospi.
Insomma questi governanti sono andati avanti solo a furia di ricatti tra loro due, e continuano a farlo, l’ultimo è quello sul tappeto, vale a dire il si o no all’autorizzazione a processare Salvini per la questione della Diciotti, barattato con il completamento del Tav.
Per non parlare di tutte le altre questioni che sembrano camminare con il passo del gambero, uno avanti e due indietro, sempre tra bisticci, schermaglie, punzecchiature che negli ultimi giorni si stanno trasformando in insulti.
Non voglio ulteriormente dilungarmi per non annoiare i lettori, ma se le conclusioni dei vari provvedimenti adottati sono singolarmente negative, e alla quasi totalità degli stessi si può dare solo un giudizio negativo, sta a significare che la somma di essi porta a un giudizio complessivo negativo.
E torniamo, quindi, al termine Epicrisi di cui al titolo, che, a parte il significato già sviscerato, porta ad un ulteriore richiamo eufonico, che non ha nulla a che vedere con l’originario significato, ma che fa tanto piacere sentire: crisi!
Noi siamo sull’orlo perenne di una crisi di governo, e non dobbiamo lasciarci abbindolare dai due vice-premier i quali continuano ad assicurare che vanno d’amore e d’accordo: su cosa non si comprende.
Ormai la crisi è palese, e se non scoppia è solo perché i nostri due strateghi attendono qualcosa dalle prossime elezioni, nazionali ed europee: l’uno, Salvini, il consolidamento delle previsioni del raddoppio rispetto al risultato di maggio scorso, e magari un ulteriore aumento; l’altro, Di Maio, il recupero dei voti che Salvini gli ha sottratto in questi mesi; e anche solo per questo, immaginare che i due si amino è pura follia.
E così, tra epicrisi e crisi, il passo sembra concluso, è solo questione di qualche mese e torneremo alle urne: termine che fa sperare in qualcosa di piacevole per uscire da questa assurda situazione.