Mi viene spesso alla mente questo vecchio proverbio, che mamme e nonne sin dai tempi della nostra adolescenza spesso citavano per dire che, alla lettera, alla persona brutta si possono attribuire ulteriori brutture, e pure orrendi delitti, anche se non commessi; secondo la vulgata comune chi è brutto è anche cattivo, e magari pure sporco (ricordiamo il celebre film del 1976 di Ettore Scola, “Brutti, sporchi e cattivi” interpretato dall’indimenticato Nino Manfredi che seppe disegnare una figura di vero cattivo in un contesto di degrado morale prima che sociale, urbano e ambientale) e allora non si deve andare troppo per il sottile ad attribuire al brutto le peggiori nefandezze.
A tal proposito mi viene anche in mente un’altra figura, quella di Girolimoni, il famoso mostro di Roma, sul quale lo stesso Manfredi interpretò nel 1972 un altro noto film diretto da Damiano Damiani; ma questa storia si inserisce in un contesto storico e politico particolare, gli albori della nascita del fascismo che si fondò prevalentemente su sicurezza, legalità e giustizia che dalla fine della “grande guerra” sembravano carenti e che Mussolini si impegnò a ripristinare; e quel Gerolimoni, benché innocente, venne gettato in pasto alla “plebe” affamata di giustizialismo, come il risultato del modificato approccio del regime nei confronti della criminalità, organizzata e non, alla quale mai un criminale sarebbe sfuggito: e poco importava se quel “criminale” risultasse, poi innocente, e mai ufficialmente e definitivamente riabilitato; la verità non avrebbe giovato al regime.
Ma queste reminiscenze artistiche non debbono distogliermi dall’argomento che mi interessa, vale a dire la polemica contro il Ministro Matteo Salvini e contro le forze di Polizia per la tragica morte di un delinquentuccio tunisino di 31 anni, Arafet Arfaoui, già con precedenti penali, avvenuta il 18 gennaio scorso ad Empoli in seguito ad un fermo di polizia eseguito per aver tentato di spacciare monete false.
Sulla vicenda, per la quale sono in corso le indagini, è intervenuto anche il capo della Polizia Franco Gabrielli: «Io rispetto le vittime e i loro familiari, chiedo che analogo rispetto sia riferito a uomini e donne che lavorano per riaffermare le legalità. Se qualcuno ha sbagliato pagherà per un giusto processo e non per le farneticazioni del tribuno di turno».
Ma stanno aumentando le polemiche per il comportamento e le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Matteo Salvini il quale, con la consueta foga, dopo aver espresso il suo apprezzamento alle forze dell’ordine, è sbottato in diretta su Fcebook: “Se i poliziotti non possono mettere le manette, ditemi voi: che dovrebbero fare, rispondere con cappuccio e brioches?”.
Tutti noi siamo abituati alla irruenza del Ministro e Vice-premier Salvini il quale le cose le dice come le sente, non avendo, almeno apparentemente, la virtù di mediare nemmeno con se stesso, e probabilmente proprio per questo suo aspetto caratteriale è apprezzato dalla gente, e su questo sta aumentando i consensi elettorali.
Non sono un fan di Matteo Salvini, che per i precedenti politici e giudiziari, il modo di comportarsi, il suo non saper mediare, le sue roboanti dichiarazioni e battute è inviso a tanti, e certamente non gode delle mie simpatie
Ma nel caso specifico del tunisino fermato e poi deceduto, sembra per arresto cardiaco dovuto al suo stato di agitazione incontrollabile (i poliziotti, oltre che ammanettarlo, hanno dovuto anche legargli i piedi con una corda per evitare che scalciasse violentemente con l’intento di liberarsi e scappare) io tutta la polemica e le prese di posizione contro di lui le vedo esagerate.
Ci troviamo in presenza di un violento, con precedenti penali, che in flagranza di reato viene fermato dagli agenti e ciononostante reagisce violentemente e, nonostante le manette, tenta di liberarsi e darsi alla fuga.
Non vedo cosa abbia detto di tanto sconvolgete in proposito Matteo Salvini rispondendo al coro di critiche, moltissime fuori luogo, che in tanti hanno espresso sull’operato dei poliziotti i quali, almeno fino a prova contraria, sembrano aver fatto solo il loro dovere, agendo con determinazione per contenere un delinquente violento.
Cosa ci sia di tanto sconvolgente in ciò che ha detto a difesa degli stessi proprio non lo capisco.
Ma i tanti interessati critici, molti dei quali inconcludenti, sono proprio sicuri che in cuor loro non abbiano fatto le stesse considerazioni?
Non si comprende e non si digerisce tanta ipocrisia, cappuccini e brioches a parte.
A meno che non si voglia tornare al titolo di queste mie considerazioni, in base al quale, giacché Salvini è antipatico, a causa del suo carattere e del suo modo di fare, e anche di qualche precedente, gli si vogliono attribuire anche colpe che in questo caso non sembra avere.
Ma c’è un’altra chiave di lettura della vicenda, legata alla nomea che ha Salvini di intolleranza, razzismo e fomentatore di violenza, alla quale è sin troppo facile aggiungere il sospetto che egli promuova la violenza dei comportamenti delle forze dell’ordine nei confronti dei presunti delinquenti i quali, molto spesso, avendo capito come vanno le cose in questo paese, non tralasciano occasione per reiterare i loro crimini, nella certezza che, grazie alle tante leggi, spesso in contrasto fra loro, ed ai tanti cavilli, giunti dinanzi ai giudici quasi sempre la fanno franca; dal che la convinzione che l’anello “forte” della catena sia costituto proprio da agenti e poliziotti, il passo è breve, e dando loro addosso, si tenta di scardinare quel limitatissimo potere che legge e giudici concedono loro e che sul loro lavoro grava pesantemente.
Insomma Salvini non tralascerebbe occasione di difendere le forze dell’ordine per arginare un lassismo di altri poteri dello Stato nei confronti della delinquenza, per infondere una maggiore sicurezza nei cittadini tante volte intimoriti da una delinquenza che viene percepita sempre più agguerrita e pericolosa.
Non tutti i casi sono come quello di Cucchi, sul quale ci sarebbe ancora tanto da dire, rischiando di andare anche controcorrente e contro assiomi che sembrano tanto ben costruiti e consolidati, derivanti in parte da taluni comportamenti non corretti delle forze dell’ordine, ma anche da una costante demonizzazione delle stesse: come non ricordare, a tal proposito, anche il tristissimo caso della morte del giovane Carlo Giuliani nel corso dei disordini in occasione del G8 di Genova del luglio 2001 il quale da potenziale assassino (non lo fu solo perché il carabiniera Placanica che egli stava per ammazzare, per difendersi sparò e per una tragica circostanza il proiettile uccise proprio Giuliani) è stato quasi santificato: a mio avviso è una delle vergogne italiane.
Non dobbiamo dimenticare anche il caso Uva, altro giovane fermato a Varese il 14 giugno 2008 per una smargiassata, il quale, in eccessivo stato di agitazione, derivante anche da assunzione di alcool, perse la vita mentre era in stato di fermo nella caserma dei carabinieri; per quella morte vennero accusati carabinieri e poliziotti e anche i medici del pronto soccorso presso il quale il giovane era stato ricoverato per essere sottoposto al Trattamento sanitario obbligatorio in conseguenza delle sue condizioni psichiche. Medici e Agenti vennero totalmente assolti in tutti i gradi di processo, ciononostante ancora oggi i familiari, con la collaborazione dei familiari delle altre vittime di queste situazioni abnormi, protestano per non aver ricevuto quella “giustizia” che attendevano con la condanna degli agenti.
In conclusione, quell’anello “forte” del meccanismo del contrasto alla violenza, costituito proprio da agenti, poliziotti e carabinieri, sembra sempre più nel mirino di tanti “benpensanti” che vorrebbero privare le forze dell’ordine dei già scarsi poteri di contrasto che ancora loro rimangono, e non si rendono conto del danno che, così facendo, fanno alla popolazione ed a loro stessi.
Ed è per questo motivo che, pure considerando Salvini un personaggio da prendere con le pinze, non posso non condividere alcune sue ruspanti uscite in difesa delle forze dell’ordine.