Dopo le elezioni… è meglio se bisticciano
Ora che in Italia i risultati usciti dalle urne delle elezioni europee sono definitivi, vediamo come stanno le cose e cerchiamo di ipotizzare lo scenario futuro della legislatura italiana.
Un fatto è certo: il partito che ha primeggiato su tutti gli altri è stato, purtroppo, quello degli astensionisti, con quel 56,09 (il 4 marzo scorso avevano votato 72,9%), che pesa parecchio su questo voto e ci fa comprendere due cose: la prima è il disinteresse di circa 25.milioni di elettori per le urne e i giochi elettorali che, dopo le stesse, vengono fatti sulla loro pelle; e la seconda non meno importante, è la purtroppo scarsa alfabetizzazione di una metà dell’elettorato il quale è convinto che con il suo atteggiamento astensionista risolva i problemi del paese, illudendosi di mandare un messaggio a coloro che ci governano, senza capire che con il suo comportamento fa proprio il loro gioco in quanto, se scende la platea degli elettori, questo agevola il consenso proprio a chi governa, oltre a lasciare a chi al voto partecipa un potere di intervento certamente più incisivo.
E’ sintomatico ciò che è accaduto con la cosiddetta votazione on-line sulla piattaforma Rousseau del referendum su Di Maio, al quale hanno partecipato solamente circa 50.mila persone che, per i grillini, sembra un grande successo: se questa è la democrazia verde, siamo proprio messi male: 50.mila elettori grillini, su una platea di 4.milioni e 600.mila voti è come una goccia d’acqua in un grande lago, ma se determina un consenso sta a significare che quella goccia prevale su tutta l’acqua del lago
Tornando agli astensionisti, è legittimo chiedersi se quei 25.milioni avessero partecipato al voto, quale influenza sul suo esito avrebbero avuto se si riflette che coloro che non hanno votato certamente sono principalmente critici nei confronti dell’attuale governo: e 25.milioni di critici non è poco.
Un’altra riflessione è opportuna: quella sulla valutazione del voto espresso dagli italiani all’estero, i cui risultati sono totalmente diversi da quelli finali; infatti, secondo i dati ufficiali divulgati dal Ministero dell’Interno, il maggior numero di voti sono andati al PD (32,44%), seguiti da quelli per la Lega (18,01%), poi viene il M5S (13,84), quindi Europa Verde (9,80%), Europa Italia PDE (8,76%), Forza Italia (5,99%) e La Sinistra (4,02%). Il che sta a significare che i nostri connazionali all’estero, meno sensibili ai pettegolezzi politici dai quali siamo bersagliati noi residenti, hanno privilegiato il PD e hanno penalizzato la Lega, che i risultati definitivi l’hanno portata al primo posto con oltre il 34%.
Tanto premesso, andiamo ai risultati definitivi delle elezioni del 26 maggio: la Lega vince con il 34,26% (alle politiche aveva il 17,4%, alle Europee del 2014 era al 6,2%), un successo enorme; il PD ottiene il 22,74% (alle politiche era al 18,8%, alle Europee 2014 al 40,8%); si dimensiona il successo di Renzi, ma il partito sale al secondo posto; il M5S scende al 17,06% perdendo circa 6.milioni di voti (alle politiche era al 32,7%, alle precedenti europee al 21,2%): una debacle; Forza Italia scende all’8,7% (alle politiche era al 14%); cresce Fratelli d’Italia con il 6,45% (in precedenza al 3,1%).
Senza temere smentite hanno perso il Movimento 5 Stelle di Di Maio che ha dimezzato i consensi, e Forza Italia di Berlusconi.
Al Parlamento Europeo abbiamo mandato quindi 29 parlamentari della Lega, 19 del PD, 14 del M5S, 7 di Forza Italia, 6 di Fratelli d’Italia e 1 del Svp – Sudtiroler Volkspartei, in totale 76 parlamentari, almeno fino alla Brexit, dopo la quale i tre seggi liberi (che al momento restano congelati) dovrebbero essere coperti 1 dalla Lega, 1 dal PD e 1 da FdI.
Dai risultati che vengono fuori dopo le elezioni amministrative del 26 maggio e il ballottaggio del 9 giugno la situazione rimane pressoché invariata; c’è qualche aggiustamento a livello locale, ma sostanzialmente i risultati venuti fuori dalle elezioni europee sono confermati.
Ciò sta a significare che la Lega ha adeguatamente cannibalizzato il M5S e, nonostante le dichiarazioni roboanti di Salvini, il quale giura che i risultati non avranno influenza sul governo, è fuor di dubbio che prima o poi la situazione esploderà. Salvini, da politico furbo e navigato, sa bene che, nonostante i risultati delle elezioni europee, le maggioranze all’interno del parlamento italiano sono quelle venute fuori dalle elezioni del marzo 2018 e che, purtroppo, il suo bel 34,26% delle europee non influenzerà il 17,4% della sua maggioranza parlamentare, che rimane salda nelle mani del M5S di Di Maio con il 32,7%; quindi nel nostro parlamento i giochi li guiderà ancora il M5S, a meno che Salvini non decida di passare all’incasso, ma attraverso una crisi e nuove elezioni politiche.
Ma sembra che questo pericolo sia scongiurato dal fatto che i parlamentari eletti nel marzo 2018 non hanno alcuna intenzione di tornare al voto, specialmente quelli che temono di non venire più eletti; e ad aiutare questa presa di posizione vi sono alcune valutazioni di opportunità politica che vanno tenute in considerazione.
La prima è la legge di bilancio che si deve già delineare in quanto tra meno di tre mesi andrà impostata, e molti temono che avrà conseguenze non piacevoli per i cittadini italiani che si potrebbero trovare a dover pagare gli sperperi finora fatti dal governo giallo-verde, il quale vorrebbe proseguire nella sua dissennata politica di spendere e spandere a debito.
Me c’è una cosa ancora più grave che sembra si stia avviando alla conclusione, vale a dire la valutazione dei conti del paese da parte dell’Unione Europea la quale, cessata la campagna elettorale durante la quale è sembrata defilarsi, ora è tornata alla carica richiamandoci alla necessità di mantenere il rapporto deficit-pil entro i limiti concordati, cosa che così non è; e sembra che si accinga ad avviare la temuta procedura di inflazione che sarebbe un disastro per il nostro paese, che verrebbe commissariato per i prossimi cinque anni; tenendo conto che mai prima in Europa è stata adottata tale procedura, nemmeno nei confronti della indebitatissima Grecia, che, adottando misure draconiane, riuscì a scongiurarla, farla per l’Italia sarebbe un fatto gravissimo anche per l’immagine del nostro paese e per le conseguenze sul nostro debito pubblico il cui spread balzerebbe alle stelle; si innescherebbe il meccanismo del cane che si morde la coda, più spread determinerebbe più debito pubblico che a suo volta aumenterebbe ulteriormente lo spread.
E’ vero che fortunatamente, sia pure dietro le quinte, il Presidente Mattarella è molto presente sul problema e, tramite il Ministro Tria, ne segue passo-passo l’evolversi, ed è anche vero che lo stesso Premier Conte, uscito, pure se in maniera inconsueta, dall’incognito, sembra che abbia finalmente tirato fuori le unghie, facendo capire ai suoi due belligeranti vice che la parola finale tocca a lui. Ma c’è purtroppo l’incognita della volontà dei due, che sembrano intestarditi a proseguire sulla strada del pagamento delle promesse elettorali e, quando non si beccano tra loro due, sembrano determinati a guerreggiare con l’Europa, e per aggirare i paletti dalla stessa imposti, se ne inventano una al giorno (ora hanno tirato in ballo i mini-bot che altro non sono che aumento del debito pubblico con titoli di stato di taglio minimo).
Da tutto ciò vien da dire che, sebbene il livello di sopportazione da parte dei cittadini dei loro bisticci giornalieri sia salito ad un livello massimo, tutto sommato forse è meglio quanto bisticciano e non si parlano, perché così facendo non mettono in campo niente e fanno danni minori alla nostra economia, alle nostre finanze e all’immagine del paese.
Le continua uscite dei due statisti quando non bisticciano ricorda il gioco delle tre carte: questa vince, questa perde, dov’è il jolly? Chi non ha nemmeno una volta in vita sua assistito a questo spettacoli nei vicoli partenopei o altrove? Questa è l’impressione che Di Maio e Salvini danno quanto non bisticciano.
E’ per questo che tutto sommato è meglio quando bisticciano, perché fanno meno danni di quando fingono di andare d’accordo.
Vien sempre più forte il desiderio di dire , meno male che l Europa c’è, sia quando lancia gli allarmi sui continui sforamenti dei parametri e dei vincoli, sia sull’aumento del debito, sia sulle escamotage che I due si industriano a studiare per mascherare la realtà facendo finta che il tutto possa risolversi trasferendo gli aumenti delle spese non coperte su improbabili mini-bot o su una altrettanto improbabile moneta-parallela, già bollate negativamente anche da Mario Draghi.
Il debito che ci ritroviamo non è responsabilità dell’attuale governo o di quelli immediatamente precedenti, ma non può essere ignorato facendo finta che non ci sia, come questo governo tenta di fare.
I precedenti governi avevano avuto almeno il buon senso di non far finta di niente, di impegnarsi a tentarne la riduzione o almeno il non aumento, mentre invece questi due eminenti statisti palesemente dichiarano che il debito deve salire.
Ecco perché’ dobbiamo plaudire all’Europa che, con le sue pressioni argina tali mire e pone paletti, e augurarci che continuino a bisticciare.
Almeno quando bisticciano stagna tutto e i danni sono minori. Quando invece fingono di andare d’accordo sono peggio di un elefante in un negozio di cristalli: fanno rovine inimmaginabili.
Questo è certamente un paradosso, ma non è forse tutta l’Italia giallo-verde un enorme paradosso?