scritto da Eugenio Ciancimino - 25 Marzo 2023 10:52

Autonomie differenziate tormentate dal divario Nord/Sud

Il Presidente Meloni alla Camera dei Deputati (foto tratta dal sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri)

È prossimo l’avvio dell’iter legislativo, in Senato, sulle autonomie differenziate.

Si parte dal disegno di legge Calderoli approvato dal Consiglio dei Ministri sul quale pendono riserve nel dibattito pubblico sulla tenuta dell’unità politica e culturale della Nazione e sulle diseguaglianze nelle erogazione di risorse, prestazioni e servizi a sfavore del Mezzogiorno.

Sul punto va precisato che si tratta di una questione storica e che il citato ddl riguarda la normazione di principi e disposizioni costituzionali. Premessa necessaria per entrare nel merito, al di là degli esuberanti slogan dell’Italia che “si spacca”, essendo il divario Nord/Sud un tormento ultracentenario che ha attraversato più stagioni politiche.

Il miraggio del suo superamento è stato inserito per la prima volta, come principio costituzionale dello Stato, nella Carta del 1948 ed affrontato sul piano operativo dal primo Governo della Repubblica con la costituzione della Cassa per il Mezzogiorno al fine di finanziare ed attuare un intervento straordinario funzionale al progresso economico e sociale delle aree svantaggiate del Sud.

Al netto dei tralignamenti in corso d’opera, clientelismi e sviluppo disordinato fra costa ed entroterra, già nel 1972 Pasquale Saraceno in un rapporto per il Ministero del Bilancio prevedeva, con relativo ottimismo, che il divario si sarebbe colmato nel 2020. Non immaginava che da lì a poco l’intervento straordinario dello Stato da aggiuntivo sarebbe divenuto, in più casi, sostitutivo con il silenzio delle deputazioni meridionali in Parlamento.

Dopo 70 anni di finanziamenti pubblici a fondo perduto e di investimenti significativi il divario permane in termini di ricchezza pro capite, dotazioni infrastrutturali e di qualità della vita.

E dopo la cessazione della AgenSud è passato in carico alle Regioni l’uso delle risorse dei relativi fondi strutturali e di coesione, non sempre virtuoso e spesso erogate a piaggia o non utilizzate appieno. Perciò, le rivendicazioni ed i paletti richiesti, per procedere al trasferimento dì potestà legislative differenziate in materie sensibili per l’unità nazionale, non possono non andare di pari passo con assunzioni di responsabilità politiche, neglette in più circostanze, da parte dei ceti dirigenti delle istituzioni locali meridionali.

La rappresentanza delle loro istanze, in sede di conversione in legge delle autonomie differenziata, è in capo alle capacità ed autorevolezza delle delegazioni parlamentari nel far valere le ragioni dei territori e delle comunità da cui hanno ricevuto l’investitura elettorale.

Vale per tutti, senza distinzione di bandiere e con la coscienza che la solidarietà nazionale non si consegue con le recriminazioni ma con i propri conti in regola e non è barattabile con il cappello in mano.

L’articolato del titolo V della Costituzione, così come è stato concepito con la riforma del 2001, contiene sia l’idea di cimento fra Regioni che la determinazione di condizioni di parità nella ripartenza. Ne sono propedeutici la definizione dei LEP ed il fondo di perequazione per finanziarli.

In 20 anni sia gli standard degli uni che la quantificazione dell’altro, pilastri per accedere a forme equilibrate di autonomie differenziate, sono rimasti scritti sulla Carta a futura memoria, politicamente a latere, come se si volesse dire “campa cavallo”.

Fino al risveglio determinato dai referendum popolari delle Regioni Veneto e Lombardia per l’attuazione delle autonomie differenziate, l’universo dei meridionalisti ora costituitisi in fronte di resistenza dove vivevano e come  facevano sentire la voce del Sud sedotto ed abbandonato?

Assente o flebile anche quando nel Febbraio del 2018 il Governo Gentiloni stipulava una pre intesa con i Governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, sulle cui tracce si muovevano alcuni loro omologhi del Mezzogiorno. E successivamente taciturni sull’impegno assunto da Lega e M5S nel contratto di Governo del Conte 1 e ribadito per il Conte 2 con il ddl del Ministro Boccia (PD) e poi riversato in una analoga iniziativa legislativa della Ministra Gelmini nel Governo Draghi.

Tutto quanto detto va ricordato, giusto per i percorsi carsici del meridionalismo di maniera e non tanto in riferimento a contrapposizioni al colore politico del Governo in carica. Perché, per la definizione del sistema istituzionale della Nazione non servono clamori di piazza e risentimenti  di parte. O si applica o si corregge la Costituzione.

Perciò, buona fortuna Italia.

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