E’ fin troppo facile, in presenza di una qualsiasi evenienza, spesso determinata da imprudenza, faciloneria, mancato rispetto per gli altri, avere una reazione di stizza, nei confronti di chi ha commesso il sopruso, la prepotenza, la violenza.
E se da tale atto deriva, come conseguenza, il ferimento, a volte la morte, dì un innocente, reo solo di essersi trovato in un posto sbagliato in un momento sbagliato, alla reazione di stizza si accompagna un moto violento.
E se, a commettere quell’atto, è un “diverso”, un sottoproletario, uno straniero, un extracomunitario, magari un clandestino, scattano sentimenti che, oltre alla violenza, sconfinano nel razzismo.
E su queste reazioni, su questi sentimenti, c’è chi ha costruito la sua carriera politica, il suo successo elettorale, scientificamente preparato con presenze assidue e costanti in TV, ospite di tutti i talk-show, di tutte le dirette televisive e radiofoniche delle quali la popolazione dei tele-radio dipendenti è ghiotta.
I Salvini della situazione, hanno buon gioco nel toccare i nervi scoperti della esasperazione della gente, che oramai si sente braccata in casa propria da un esercito di “altri” i quali, per cultura, per tradizione, per educazione, per necessità, non possono fare altro che delinquere per tirare a campare alla men peggio, “vivendo” i quei campi nei quali noi “civili” non ospiteremmo nemmeno i maiali, ma che per essi rappresentano l’unica possibile sistemazione in città nelle quali percepiscono diffidenza e ostilità, spesso mascherate dalla nostra indifferenza.
Tutti quanti noi, comunque, i nervi scoperti li abbiamo, e, in talune circostanze, al sentire parlare il Salvini di turno, che invoca la ruspe, o altri simili personaggi, che invocano i campi di sterminio, i forni crematori, lanciafiamme e via discorrendo (un rappresentativo campionario di questa “umanità” si esibisce quotidianamente nella trasmissione “La zanzara” di Radio 24), tanti di noi, specialmente appena dopo qualche delitto, non possono fare a meno di commentare: ma tutto sommato, come dargli torto? Non è incontrovertibile che se questi “diversi” non ci fossero vivremmo più tranquilli?
In quei momenti, dimentichiamo che in tante altre occasioni le stesse delittuose azioni le hanno commesse nostri connazionali; ma si sa, per il nostro familiare, il nostro parente, il nostro vicino, il nostro concittadino, il giudizio è sempre meno severo rispetto a quello che si esprime per il diverso, l’estraneo, il tollerato.
L’ultimo esempio è dato dalla strage di Roma, qualche giorno addietro, alla stazione della Metropolitana di Via Battistini, allorquando un’autovettura, per evitare un posto di blocco, ha piombato alla velocità di 180 chilometri orari, su un gruppo di persone, ammazzando sul colpo una donna filippina quarantenne e ferendo altri otto cristiani che stavano attraversando la strada.
I tre (o quattro?) occupanti, tra i quali una ragazza diciassettenne di etnia rom, sono scappati a piedi, i poliziotti sono riusciti a prendere solo la ragazza, gli altri sono stati spasmodicamente ricercati fino a lunedì allorquando si sono arresi: trattasi di due rom, tale Samuel diciannovenne, ed E. H. un diciassettenne che era alla guida dell’auto killer.
Ma la particolarità della vicenda sta nel fatto che i due, nascosti a qualche chilometro dal campo rom della Massimina, nel quale vivevano con la famiglia, sono stati convinti dalla madre a consegnarsi alle Forze dell’ordine, che sono state chiamate, appunto, dalla madre a prenderli in consegna.
Ora non si vuole fare il panegirico di questa donna che, testardamente, per circa una settimana ha disperatamente cercato quei suoi due figli anch’essi disperati, i quali, nel consegnarsi ai poliziotti, sembra che abbiano pianto e abbiano dichiarato di essere pentiti. Poco importa il pentimento di due delinquentucci assassini, è fin troppo facile, dopo aver fatto quel che hanno fatto, esprimere sentimenti di pentimento, veri o falsi che siano. Quel che importa è la caparbietà della madre che, pure addolorata per quanto i due avevano fatto, ha ritenuto giusto cercarli, convincerli, chiamare i poliziotti e accompagnarli dov’erano e fuggiaschi per farli arrestare.
“Ho implorato i miei figli: consegnatevi e chiedete perdono” ha detto la donna.
Non so quante altre mamme avrebbero fatto ciò, con buona pace per chi accumuna indiscriminatamente i rom ai delinquenti, i delinquenti ai rom, senza un briciolo di raziocinio, e il sentimento non c’entra.
Il tutto, ovviamente, non ha nulla a che vedere con il problema di fondo delle enormi carenze del nostro paese nella gestione dell’accoglienza di tutti i disgraziati che sbarcano sulle nostre spiagge, o che attraversano le nostre frontiere, carenze determinate, in buona parte, dal pressapochismo con il quale noi italiani siamo abituati a legiferare e regolamentare tutti i fenomeni.
Se fossimo abituati a gestire tali fenomeni con raziocinio, probabilmente non solo i campi rom non ci sarebbero, e se fossimo costretti ad averli, li attrezzeremmo un minimo di umanità cercando di spendere i fondi ad essi destinati con oculatezza e parsimonia e di evitare le ruberie che sempre più spesso vengono scoperte nella gestione degli stessi, ricordando che lo stesso fenomeno, un secolo fa, lo hanno vissuto e subito altri Paesi che hanno accolto milioni di nostri connazionali, senza i traumi che noi stiamo vivendo.
E se fosse così, probabilmente non ci sarebbero i Salvini a fomentare razzismo e odio verso gli stranieri.
Ma questa è tutta un’altra storia.