scritto da Mariano Avagliano - 31 Ottobre 2020 10:12

Non è tutta colpa del Covid

(foto tratta dal sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri)

Ci apprestiamo alla fase, forse, più dura. Quella di saper agire conoscendo il nemico che abbiamo di fronte. Che, s’è visto, è multiforme: ci rende sia malati e sia, purtroppo, affamati.

A volte barcolliamo tra due estremi diversi. C’è chi – quasi per esorcizzare il pericolo – fa finta di niente, non guarda i telegiornali, non sente e non ascolta e si rende solo conto di quello che vede per strada. E c’è, invece, chi vive di bollettini e si tappa dentro casa per paura del virus. Tra i due estremi, poi, ci sono pure i pazzi che contestano l’esistenza del virus e se la prendono con tutti e tutto.

Si tratta di quelli che sono più pericolosi di qualsiasi altra cosa e contro i quali, per forza, dobbiamo reagire con tutte le forze e gli strumenti che abbiamo a disposizione.

Il virus, è dimostrato scientificamente, si può limitare e, quando arriverà il vaccino, addirittura sconfiggere. Basta essere attenti e seguire regole precise.

Molto più difficile, invece, è gestire il virus della rabbia, del malcontento, dell’odio, della violenza contro tutti e tutto. Pericoloso perché è indice di un vuoto, culturale, sociale, economico e politico che esiste da tempo e che, da qualche settimana, inizia a diventare molto più evidente. La pandemia ha indebolito ancor di più ciò che era debole, ha creato solchi, fossi e smottamenti mettendo in luce il vuoto esistente.

Il primo punto è la salute delle persone ovviamente.

Ma i segnali preoccupanti che arrivano dalle piazze – sia fisiche che virtuali – non vanno trascurati. Sono la rappresentazione plastica di quanto il paese, inteso come comunità di persone, in questa fase storica, sia diviso, frammentato, smembrato e stanco. Mancano gli strumenti e i modi attraverso i quali riuscire a dare nuova linfa e stimolo alle energie civiche presenti e farle convogliare verso un nuovo progetto di bene comune, parola del tutto, o quasi scomparsa dal vocabolario quotidiano.

Il malcontento presente nel paese non è frutto solo di oggi, anzi la pandemia lo ha alimentato e fatto crescere, ma è invece la rappresentazione di una sensazione di malessere diffuso esistente da molto tempo prima che Mr. Covid-19 facesse la sua comparsa. Un malessere che tutti, indipendentemente dal colore, hanno contribuito a far crescere negli anni scorsi. Il linguaggio pubblico fatto di attacchi e aggressività che tutti, a partire dai rappresentanti politici per finire ai singoli cittadini, hanno utilizzato in questi ultimi anni, ha sicuramente contribuito ad attizzare il fuoco.

Da qui si riparte.

Dal senso di comunità, innanzitutto, che abbiamo sprecato, sperperato e distrutto in questi anni. Complici tutti. Dalla solidarietà, mai come in questo momento necessaria per sostenere chi sta in difficoltà perché, purtroppo, lo stato da solo non ce la potrà fare.

Dal senso di responsabilità che nasce dalla banale considerazione che le mie azioni hanno un effetto sulla vita degli altri e viceversa.

Non diamo la colpa al Covid-19 per tutto quello che succede. Il virus ha le sue colpe ma ha fatto venire a galla tutto quello che prima non funzionava e che, non si sa per quale motivo, giaceva – placidamente – irrisolto.

Tocca rimboccarsi le maniche e, ancora una volta, ricominciare. Tutti quanti insieme.

Ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, come per gioco con cui leggere, attraverso lenti differenti, il mondo che scorre. Ha studiato Scienze Politiche all’Università LUISS di Roma e dopo diverse esperienze professionali in Italie e all’estero (Stati Uniti, Marocco, Armenia), vive a Roma e lavora per ItaliaCamp, realtà impegnata nella promozione delle migliori esperienze di innovazione esistenti nel Paese, di cui è tra i fondatori. Appassionato di filosofia, autore di articoli e post, ha pubblicato le raccolte di poesie “Brivido Pensoso” (Edizioni Ripostes, 2003), “Esperienze di Vuoto” (AKEA Edizioni, 2017).

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