Giovedì scorso, durante un temporale, a Freetown, in Sierra Leone, il simbolico Cotton Tree (albero del cotone), albero della specie Ceiba Petandra è caduto colpito da un fulmine. La città libera di Freetown, la capitale della Sierra Leone, dove nel 1700 furono liberati gli schiavi che fino a quel momento erano interessati dalla tratta, ha perso, la scorsa settimana, il simbolo della nazione, il monumento vivente che ricorda le preghiere che, come la leggenda narra, quei primi uomini liberi recitarono sotto le sue fronde non appena furono arrivati sulle coste del West Africa.
Il Cotton Tree aveva 400 anni, era alto 70 metri ed occupava la parte centrale di una rotonda, migliaia di automobili,motorini, apecar giravano attorno ad esso, numerosi pipistrelli abitavano le sue fronde. Oggi ne rimane un tronco spezzato, Julius Maada Bio, presidente della nazione così si esprime a riguardo: “Per secoli (l’albero) è stato un fiero emblema della nostra nazione, un simbolo di una nazione che è cresciuta divenendo rifugio, casa per molti”. L’albero, o meglio le parti che ne rimangono, saranno conservate in modo da immortalare, onorare e ricordare la pianta che per generazioni è riuscita a ricollegare gli abitanti della nazione ad un passato lontano.
La notizia, passata in sordina soprattutto nei quotidiani italiani, sarebbe potuta essere un buon punto di partenza per una trattazione approfondita dei disastri ambientali nella zona del West Africa, si sarebbe potuta così ricordare la frana del 14 agosto 2017 a Freetown: una parte della montagna si è staccata e terra rossa e fango hanno invaso parte della città provocando la morte di circa 1.141 persone. Allo stesso modo, il discorso si sarebbe potuto estendere riflettendo su quanto siano poco conosciuti i disastri ambientali-climatici delle zone extraeuropee. Altresì la notizia avrebbe potuto ricordare l’epidemia di Ebola che ha colpito lo Stato (oltre alla Guinea e alla Liberia) dal 2013 al 2016 o, ancora, la guerra civile che dal 1991 al 2002 è imperversata per la Sierra Leone, guerra che ha provocato migliaia di morti, migliaia di persone che tutt’ora vivono con i segni delle ferite e delle amputazioni che il cruento conflitto ha provocato.
Non è mia intenzione quella di approfondire ora queste tematiche ma, approfittando della lettura di un articolo pubblicato sul Il Manifesto in data 26 maggio 2023, vorrei riflettere sulla risonanza e sulla diffusione delle notizie provenienti dal continente africano.
L’articolo, scritto da Filippo Zingone e intitolato: “Per i media italiani non è mai l’Africa Day dell’innovazione e dello sviluppo”, espone come il rapporto Africa Mediata di Amref Health Africa (NGO) e dell’Osservatorio di Pavia, descriva la quasi assente narrazione di un’Africa reale, di un’Africa che non sia mediata, appunto, dalla nostra percezione, dai nostri bisogni di sicurezza e controllo: solo il 16,2% degli articoli, a tema Africa, non trattano l’argomento delle migrazioni e la sicurezza connessa.
Lo stesso scenario si ripropone nei telegiornali: il 77% dei servizi andati in onda nel 2022 riguardano immigrazione e gestione dei flussi migratori. La prevalenza delle tematiche legate all’immigrazione e l’assenza di una narrazione interessata alle dinamiche e agli avvenimenti che si avvicendano nel continente africano enfatizza la creazione di un’immagine compromessa e pregiudizievole che lo allontana sempre di più dal mondo europeo in quanto invisibile nella sua esistenza più vera.
Il 25 maggio si è festeggiato l’Africa Day, l’anniversario della nascita dell’Organizzazione dell’Unità Africana, nello stesso giorno il Cotton Tree di Freetown è caduto, presagio o evento fortuito non importa, questi due avvenimenti ci mettono innanzi alla necessità di interessarci in maniera sempre meno superficiale a ciò che avviene nel mondo. La storia del genere umano non si può relegare ad un continente.
Per approfondire:
https://ilmanifesto.it/per-i-media-italiani-non-e-mai-lafrica-day-dellinnovazione
https://www.osservatorio.it/wp-content/uploads/2022/05/africa-mediata-2022-amref.pdf (Rapporto Africa Mediata)