scritto da Nino Maiorino - 19 Giugno 2018 09:23

L’uomo e i danni ambientali

L’uomo risulta essere il peggiore nemico della natura in quanto per conseguire un suo personale e momentaneo benessere, inteso nel senso di vivere con faciloneria e senza eccessivi coinvolgimenti, si preoccupa solo del suo tornaconto momentaneo e non guarda al di là del classico naso, nella convinzione che qualcun altro potrà e dovrà riparare i danni che egli provoca.

Prima della seconda guerra mondiale le nostre bisnonne, nonne e mamme non conoscevano le calze di nailon, le loro calze erano fatte con materiali naturali (lana, cotone) per lo più confezionate in casa. Le calze di nailon furono portate in Italia dalle truppe americane e inglesi le cui donne già le usavano da qualche tempo in quanto le industrie che lavoravano i prodotti chimici per produrre fibre sintetiche erano già attive in quei paesi.

La calza di nailon è un prodotto confezionato con un filato derivante appunto da prodotti chimici.

La stessa cosa accade per un altro prodotto che oggi costituisce la maggiore preoccupazione per gli studiosi di tutto il mondo: la plastica. Prima che essa venisse prodotta i recipienti per contenere liquidi o solidi erano prevalentemente di vetro, di argilla o derivati dagli alberi, come il cartone, la carta o il legno; ma da quando, un poco per volta, tali contenitori vennero sostituiti da quelli di plastica, più leggeri e meno costosi, si è avuto un proliferare di utilizzo della plastica non solo come sostituta di bottiglie, ceramica, scatoli e casse, ma anche della carta: sempre più spesso, infatti, anche le etichette incollate su bottiglie e taniche di plastica sono dello stesso materiale.

Lo smodato uso di questo materiale sta provocando danni non immaginabili all’eco-sistema, che purtroppo non vengono ancora recepiti come disastrosi per il futuro del pianeta.

Esiste nel mezzo dell’Oceano Pacifico, esattamente tra le Isole Hawaii e la California, un’isola “artificiale” formata per quasi il 95 per cento da rifiuti di plastica accumulatisi per effetto delle correnti oceaniche: un’isola galleggiante, grande tre volte la Francia, fatta esclusivamente con materie plastiche, vale a dire buste, bottiglie, taniche, bicchieri, piatti, posate, tappi eccetera che noi usiamo e poi buttiamo; se siamo cittadini coscienziosi da qualche anno li differenziamo dagli altri rifiuti, ma se siamo sprovveduti li buttiamo, come in passato, dove capita, magari insieme alla carta o ai materiali organici, oppure li lasciamo nei prati, sulle spiagge.

Chi volesse constatare visivamente cos’è questa “isola di plastica”, non dovrebbe fare altro che collegarsi aitanti siti che l’hanno filmata, fra i quali Youtube: vedrebbe scene raccapriccianti e constaterebbe visivamente cosa l’uomo sia stato capace di fare ai danni della natura.

Anni di scellerati comportamenti, peraltro nemmeno addebitabili totalmente ai cittadini, hanno portato alla formazione di quest’isola la quale costituisce un problema che al momento nessuno sa come si evolverà e come potrà essere affrontato: ma se per la formazione di quest’isola c’è plastica visibile, tanta altra plastica non visibile, perché magari non si aggrega, vaga per mari e oceani, e viene ingoiata dai pesci, nelle cui visceri sempre più spesso vengono trovati pezzi che, se sono di dimensioni almeno visibili, possono essere rimossi, ma dei quali non ci si accorge se di dimensioni piccolissime: e magari li ingeriamo unitamente ai pesci, probabilmente, senza accorgercene, pure mangiando una scatoletta di tonno.

Insomma l’uomo, dopo aver inquinato l’aria, causando il buco nell’ozono, le piogge acide, e lo sconvolgimento delle stagioni, ha cominciato, già da decenni, inconsapevolmente, ad inquinare anche le acque, sia quelle che beviamo, danneggiando le falde acquifere, sia quelle del mare, dal quale traiamo anche nutrimento.

Per fortuna qualcosa si sta muovendo almeno nel campo della sensibilizzazione della popolazione e, in particolare, dei piccoli, che costituiscono le popolazioni del domani, i quali oggi incominciano a prendere conoscenza del grave problema grazie ad attività didattiche mirate.

Ho assistito, qualche giorno fa, ad uno spettacolo/concerto messo in scena presso l’Auditorium del Conservatorio musicale di Avellino, recitato, cantato e ballato da bimbetti dai tre ai sette anni di alcuni Istituti scolastici dell’avellinese, dal significativo titolo “Predatore a chi?”: ottima iniziativa finalizzata a formare ragazzi, che saranno gli adolescenti, poi i giovani, e poi gli uomini di domani educati fin d’adesso ad essere sensibili nei confronti dei questi problemi e che si abituano a rispettare la natura fatta da spazi che il caso o il Padreterno ci hanno dato in prestito e che dovremo consegnare ai posteri meglio di come li abbiamo noi ricevuti, contribuendo così a invertire la tendenza all’inquinamento che sta danneggiando la nostra generazione.

Non è, ovviamente, una conquista semplice, anche perché vi sono forti interessi in gioco e orientamenti estremi; il Papa, dall’altro della sua autorità morale, predica il rispetto della natura, tanto da aver pubblicato nel giugno 2015 l’enciclica “Laudato si’ ”, considerata ecologica; ma vi sono posizioni di potenti della terra che remano contro tutte le iniziative volte a salvaguardare il pianeta, al punto da sottrarsi ad accordi che in precedenza erano stati sottoscritti, come ha fatto il Presidente Trump recentemente defilandosi dall’accordo di Parigi che, a suo dire, danneggerebbe le industrie statunitensi.

D’altra parte anche noi italiani siamo, anche in questo campo, tutt’altro che affidabili in quanto, pure se predichiamo bene, a ogni livello, che bisogna fare tutto il possibile per invertire le negative tendenze, poi razzoliamo male quando si tratta di adottare provvedimenti veramente conseguenziali: i due esempi delle Fonderie Pisano a Salerno e dell’Ilva di Taranto sono emblematici.

Ma c’è, per fortuna, altro che bolle nella pentola dell’Unione Europea, qualcosa di veramente importante che potrebbe effettivamente risolvere definitivamente il problema dell’inquinamento terrestre derivante dai rifiuti: un progetto che va sotto il nome di “Economia circolare”, complesso ed entusiasmante, del quale vale la pena di parlare giacché è considerato, al momento, il rimedio efficace per eliminare le negatività derivanti dal non corretto smaltimento dei rifiuti.

Mi riservo di trattare l’argomento, nella maniera più sintetica e comprensibile possibile, in un prossimo articolo.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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