Nella maggior parte delle tradizioni religiose e ascetiche, da Oriente a Occidente, il Silenzio ha un ruolo fondamentale. Rappresenta il luogo più elevato nel quale l’essere umano, unione di mente e anima, si confronta con il Mistero dell’Infinito e dell’Inconoscibile.
Per questo, forse, coloro – asceti, monaci, eremiti – che decidono di fare “voto di Silenzio”, quale massimo sacrificio di rinuncia al Mondo, sono destinatari, in ogni Cultura, di un rispetto unico e particolare che li “eleva” dalla normalità delle cose.
Il Silenzio, in questa luce, si presenta come un vero e proprio stato di “dono”: chi ha la capacità, superiore e “divina”, di poterne godere per un lungo tempo ha l’opportunità di vedere le cose da una prospettiva diversa, con calma e distacco, e di confrontarsi, senza Paura, con il Vuoto che alberga dentro ognuno di noi.
Siamo anche fatti di Vuoto. Le nostre vite non sono perfette e definite, anzi, tutt’altro. Sono un groviglio indistinto di impegni che illusoriamente, forse, abbiamo intrecciato per auto ingannarci con un’idea approssimativa di eternità.
La programmazione, sfrenata, sul domani se da una parte ci consente di avere degli obiettivi e definire la nostra vita, dall’altro non è che una primitiva volontà di voler a tutti i costi esorcizzare un domani di cui, come diceva il Magnifico, “non v’è certezza”.
La nostra vita, alla fine, per quanto la possiamo abbellire, pianificare, desiderare, alla fine rimane sempre quello che è sempre stata sin dalla comparsa dell’uomo sulla Terra: un percorso affascinante ma profondamente imprevisto e incomprensibile in cui non siamo che piccola cosa.
Il Silenzio, nella sua più alta definizione, serve proprio a questo: a farci ri-entrare nel possesso di tutte queste consapevolezze per capire che, per quanto ci possiamo scervellare, la nostra vita, come esseri umani, rimane sempre indefinita e fallibile.
Nelle nostre società, quelle contemporanee e liberali dove è sacrosanta la libertà personale e del prossimo, ci siamo talmente abituati al frastuono di relazioni, cose, e informazioni, che manco sappiamo più il Silenzio cosa sia e nemmeno dove e come cercarlo.
Il Vuoto, inteso nella sua essenza di fallibilità e fragilità, ci spaventa talmente tanto che riempiamo qualsiasi spazio della nostra quotidianità, del nostro “tempo”, con qualsiasi cosa possa servire a questo scopo. Come quando mettiamo delle borse d’aria, vuote, per occupare più spazio. Per dare una parvenza di pieno che pieno non è ma è solo apparenza.
Alla fine stiamo sempre al punto di partenza: non siamo capaci di confrontarci con quello che è il nostro Vuoto interiore: non siamo capaci, ad esempio, di ammettere una sconfitta, un fallimento, uno sbaglio o, semplicemente, accettare il Silenzio.
Il periodo forzato di reclusione che stiamo vivendo per l’emergenza sanitaria del Covid-19, ci sta insegnando anche questo. Se da un lato, come è giusto che sia, ricerchiamo tutte le occasioni per “stare” – anche virtualmente – insieme e in contatto con gli altri che ci stanno a cuore, dall’altro, all’estremo, non siamo consapevoli del valore che questo momento ha per farci cercare una parte di Noi che forse si è persa.
Questo momento potrebbe essere l’occasione per riscoprire il valore del Silenzio, dimensione di dialogo interiore e di consapevolezza che non è scontata.
Invece, da molte parti, il momento che stiamo vivendo diventa l’occasione per correre a perdifiato – a più non posso – alla ricerca di tutto quanto possibile e immaginabile si possa fare e dire on-line.
Tutti, praticamente, in questo momento, sono diventati esperti improvvisati di un qualcosa: virologi da mattina, palestrati da soggiorno, blogger da cucina, esistenzialisti da divano. E tutti approfittano di qualsiasi occasione utile per parlare, scrivere, farsi vedere su qualsiasi piattaforma social abbiano a disposizione sottomano.
Una certa dimensione di solipsismo in cui ciascuno esiste, a tutto tondo, soltanto per sé e per chi gli sta intorno.
La domanda, a questo punto, sarebbe: ne abbiamo veramente bisogno? Abbiamo bisogno che esperti improvvisati ci dicano cosa dobbiamo fare e come dobbiamo vivere?
Aiuterebbe, forse, una certa dose – concentrata – di buon Senso per scoprire l’opportunità che in questa fase, di chiusura e stasi, ci viene offerta: il Silenzio.
Per vedere, anche, la semplice grandezza che sta nel soffrire e lottare insieme agli altri che ora stanno in prima linea senza per forza dare visione e racconto al Mondo.
Per essere sinceri e non vestire, per forza, i panni degli esperti di “qualsiasi cosa”.
Ne abbiamo veramente bisogno?