La giornata del 2 agosto ricorda purtroppo tanti avvenimenti tragici, ultimo quello della strage della stazione ferroviaria di Bologna centrale avvenuta, ad opera di ancora ignoti personaggi, nel 1980, il prossimo anno si celebrerà il quarantennale.
La strage di Bologna è considerata la più grave avvenuta in questo paese nel dopoguerra (85 morti e 200 feriti), e sembra che sia stato l’ultimo episodio di una strategia che vide il nostro paese come una specie di campo di battaglia sul quale si combattevano tanti “eserciti” il cui scopo, probabilmente, era quello di destabilizzarlo. La Magistratura, a distanza di quarant’anni circa, ha individuato in alcuni elementi dell’estrema destra solo gli autori materiali dell’atto terroristico, ma i mandanti sono (criminalità organizzata, servizi segreti o altri?) sono ancora ignoti.
La strage di Bologna può ben essere considerata alla stregua di altri gravissimi e luttuosi episodi che hanno sconvolto nel dopoguerra il nostro paese, tra i quali quella di Piazza Fontana a Milano nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura il 12 dicembre 1969, e quella di Piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974, nonché quella dell’Italicus il 4 agosto 1974.
Episodi tragici per i quali non sembra si sia giunti a conclusioni definitive, visto che di tanto in tanto emergono dettagli che fanno riaprire le indagini, segno evidente che ancora dopo tanti anni la Magistratura intravede nuovi spiragli che la inducono a riaprire i fascicoli.
Ma la nostra storia e i nostri lutti non debbono far dimenticare ciò che è avvenuto altrove e in altre circostanze, e in particolare le stragi che hanno segnato il destino di tanti uomini e popoli durante la Seconda guerra mondiale, quella degli ebrei, dei polacchi, e di tanti esseri considerati “diversi” e per i quali la follia di pochi ne decretò la eliminazione.
Uno degli episodi che purtroppo sono passati sotto silenzio è quello avvenuto 75 anni fa, il 2 agosto 1944, allorquando venne “liquidato” lo “Zigeunerlager – Campo nomadi” del campo di Auschwitz-Birkenau: in un solo giorno oltre 4.000 persone, in maggioranza donne e bambini di etnia Rom e Sinti, furono sterminate nelle camere a gas. Per questo, da alcuni anni, è stato istituito il “Roma Genocide Remembrance Day – Giornata del genocidio dei Rom”, la giornata in ricordo del genocidio dei Rome-Sinti durante la seconda guerra mondiale, definito in lingua romanì Porrajmos (divoramento) o Samudaripen (sterminio) che avrebbe provocato in totale mezzo milione di vittime di questa popolazione.
“Oggi – ha scritto il presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello – si ricorda lo sterminio nazista di migliaia di zingari. Una pagina importante e drammatica della nostra storia che avrebbe dovuto insegnarci l’importanza delle parole e degli effetti che queste producono”. E, riferendosi all’attualità della politica italiana, anche il vice-presidente della Comunità ebraica romana, Ruben Della Rocca, ha affermato: “Qualcuno non ha capito (o fa finta di non capire) che parole di disprezzo ed epiteti hanno il solo effetto di fomentare odio e razzismo”.
Fortunatamente c’è, anche in questa Italia manicomiale, chi alimenta il culto della memoria storica anche con riferimento alle varie stragi e genocidi perpetrati, come, tra i tanti, la Comunità di Sant’Egidio che lo scorso 20 luglio, durante un pellegrinaggio della memoria ad Auschwitz-Birkenau, ha portato in quel triste luogo mille studenti liceali e universitari del movimento “Giovani per la Pace”, provenienti da tutta Europa, che hanno onorato le vittime del nazifascismo, deponendo una corona di fiori anche sulla lapide in lingua romanì, che ricorda lo sterminio di Rome-Sinti. Ad Auschwitz-Birkenau morirono circa 21.000 Sinti e Rom provenienti da 12 Stati. La visita di tali campi di sterminio è altamente formativa per tutti, chi non l’ha fatta non potrà mai comprendere quella tragica realtà.
Ma insieme alle grandi violenze contro popoli e razze, bisogna anche ricordare anche quelle piccole, le efferatezze contro i singoli, come, ad esempio, le tante avvenute nel nostro paese ad opera di nazisti e fascisti, che dopo l’armistizio si trasformarono in feroci assassini di persone inermi talvolta incolpevoli.
Come, ad esempio, contro la 32.enne modenese Gabriella Degli Esposti, chiamata “Belella”, la quale subì una tortura atroce ad opera delle SS guidate dall’ufficiale tedesco tenente Johannes Karl Schiffmann, prima di essere ammazzata. La Belella era incinta, ma questo non mitigò la ferocia degli aguzzini, anzi la fece aumentare.
Gabriella degli Esposti era di una famiglia contadina schierata contro il regime nazi-fascista, e battagliera contro le difficoltà di sopravvivenza che il regime e l’economia bellica imponevano, tant’è che qualche giorno prima dell’arresto non aveva esitato a manifestare insieme a centinaia di donne per richiedere condizioni di vita meno misere. Nel suo piccolo collaborava con le formazioni partigiane.
Il 13 dicembre 1944 le SS fecero un rastrellamento e fermarono una settantina di persone tra le quali Gabriella, nonostante fosse incinta. Per sospetti collegamenti con la Resistenza armata le SS tentarono di avere notizie dei Partigiani con i quali era in contatto, e per questo fu selvaggiamente picchiata, torturata per giorni, le furono cavati gli occhi, tagliati i seni e le venne squarciato il ventre; il suo corpo martoriato fu trovato qualche giorno dopo insieme ad altri che vennero identificati solo grazie ai residui degli abiti.
La barbara uccisione di Gabriella indusse molte donne della zona a unirsi ai partigiani: così si costituì un distaccamento femminile col nome Gabriella Degli Esposti, che probabilmente è stata formazione partigiana formata esclusivamente da donne.
Tanti giovani queste cose non le conoscono perché nessuno gliele trasmette, né la famiglia né tantomeno la scuola. Ma è indispensabile, direi vitale per il nostro futuro, che le nuove generazioni le conoscano per acquisire una coscienza storica e civica, unico spiraglio per il futuro di questo paese che sembra sempre più orientato ad una minacciosa dittatura.