Quest’anno ricorre il centenario della vittoria che l’Italia e i paesi alleati conseguirono contro l’impero Austro-Ungarico a conclusione della Prima Guerra Mondiale, la “Grande Guerra”; in tanti definiscono quella vittoria brillante, qualcuno però dimentica i morti di entrambi gli schieramenti, gli orrori delle trincee, dei reticolati, dei gas, ai quali si aggiungevano lo scarso rispetto per le vite umane da parte di tanti comandanti che vedevano le truppe solo come uomini da mandare al macello pur di conquistare una collina, un fossato, una postazione.
La “Grande Guerra” aveva avuto inizio il 24 maggio 1915, e venne chiamata “grande” perché in precedenza non si era mai visto un maggiore coinvolgimento di paesi, uomini e mezzi, né una tale carneficina.
Il nostro paese partecipò al conflitto prima di tutto per riconquistare le località precedentemente sottratte e inoltre per contrastare le mire espansionistiche dell’Impero Austro Ungarico che aspirava ad estendere la sua dominazione su altre zone dell’Italia.
Non è una ricostruzione nazionalistica che desideriamo fare, giacché viene da riflettere che se il nostro paese fosse rimasto sotto l’influenza di quelle potenze dalle quali si “liberò”, probabilmente il corso della storia d’Italia sarebbe cambiato.
Ma col senno del poi non si va da nessuna parte, e l’altra grande guerra, la “Seconda guerra mondiale”, indipendentemente dall’esito della prima, comunque avrebbe portato gli altri sconvolgimenti che poi si sono verificati, probabilmente con danni anche maggiori.
L’italia era entrata in guerra il 24 maggio 1915 dopo che il 26 aprile 1915 era stato firmato, con le potenze della Triplice Intesa (Francia, Inghilterra e Russia), il Patto di Londra.
La firma del Patto di Londra, e l’entrata in guerra dell’Italia avevano lo scopo prioritario di consentire al nostro paese la riconquista, da tanto tempo aspirata, dei territori da sempre ritenuti italiani, quali l’Alto Adige, il Trentino, le città di Gorizia, di Gradisca, di Trieste, la penisola istriana fino al Golfo del Quarnaro con le isole di Cherso e Lussino, le isole della Dalmazia e le città di Zara, Sebenico e Trau, la città di Valona e l’isola di Saseno, la sovranità sul Dodecanneso, altre al riconoscimento di zone d’influenza nell’Asia Minore e la rettifica di alcuni confini nell’Africa italiana.
Dopo importanti ed eroiche battaglie da parte dei nostri soldati, che fecero dimenticare la disfatta di Caporetto, l’Italia vinceva la guerra il 4 novembre 1918 e il Generale Armando Diaz, succeduto al Generale Cadorna dopo Caporetto, l’annunciò col famoso giustificato e soddisfatto “Proclama della vittoria”.
Con la vittoria venivano liberate quelle città che da troppo tempo chiedevano di tornare ad essere italiane, soprattutto Trieste: il 3 novembre 1918 alle 16.10, reparti di Bersaglieri ciclisti, sbarcati dal cacciatorpediniere Audace, occuparono la città dopo la fuga dei reparti austriaci; successivamente il Generale Carlo Petitti di Roreto – il Generale del XXIII corpo d’armata che, durante la “Battaglia del solstizio”, aveva operato sulla riva destra del Piave fino al mare, e successivamente divenne Governatore di Trieste e della Venezia Giulia- proclamava la presa di possesso della città in nome del Re d’Italia.
La frase “Battaglia del solstizio”, venne coniata dal soldato-poeta Gabriele D’Annunzio per indicare la seconda battaglia del Piave, combattuta vittoriosamente nel mese di giugno contro l’Esercito Austro Ungarico, e che aveva visto, tra l’altro, il nostro Paese quasi surclassare, per non dire mortificare, gli avversari sconfitti, tanto da azzardare operazioni teatrali, come, ad esempio, il raid aereo su Vienna organizzato e guidato proprio da Gabriele D’Annunzio, che era anche un provetto pilota, col quale gli aerei italiani sganciarono sulla città una pioggia di volantini inneggianti alla vittoria dell’Italia, ma contenenti anche l’esortazione alla popolazione di ribellarsi al gioco oppressivo dell’Impero.
La guerra era vinta, ma per circa due anni, si parlò di “vittoria mutilata” in quanto alla Conferenza per la pace di Parigi del 18 gennaio 1919 e fino alla firma del Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, molti territori furono contesi con gli Sloveni, Croati e Serbi, anche per il fatto che le altre potenze dell’Intesa avevano accolto i principi di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli, sostenuti dal presidente degli Stati Uniti Wilson, che non aveva nemmeno sottoscritto il Patto di Londra.
Comunque la vittoria c’era stata e in conseguenza di essa nulla in Europa, e nel mondo occidentale, sarebbe stato più come prima: quel 4 novembre aveva segnato uno dei grandi successi del nostro Paese che sarebbe rimasto negli annali della nostra gloriosa storia, e ci avrebbe ripagati di tante umiliazioni e sconfitte che nei secoli avevamo subito.
Ed è per questo che quella data deve essere ricordata e festeggiata, ed è anche giustificato il titolo di “Giornata delle Forze Armate” giacché furono proprio esse, con i tanti sacrifici, che diedero al nostro Paese la gloria che da cent’anni viene celebrata. novembre 2018.