“La fila della vergogna”: violenza istituzionale e referendum sulla cittadinanza come risposta attiva
“52 ore, comprese due notti Destinazione: Ufficio Migrazioni Salerno, Italia.”

L’8 e il 9 giugno in Italia si voterà per il referendum popolare abrogativo, i cittadini e le cittadine italiane sono chiamati ad esprimere la loro volontà riguardo cinque quesiti di cui quattro focalizzati sul lavoro e uno sulla cittadinanza. Il referendum sarà valido solo se voterà la maggioranza delle persone che hanno diritto a farlo, per la prima volta in Italia si potrà votare anche da fuorisede senza tornare nella città dove si ha la residenza. Chi andrà a votare riceverà una scheda per ogni quesito referendario: cinque schede di colore diverso. Ogni scheda contiene una descrizione della norma che potrebbe essere cancellata in tutto o in parte, e chiede a chi vota se è favorevole alla cancellazione. Quindi, per abrogarla bisogna votare sì, per mantenerla bisogna votare no. Si potrà votare domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Gli italiani residenti all’estero possono partecipare ai referendum attraverso il voto per corrispondenza. I quattro quesiti relativi alla cittadinanza riguardano:
–Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti
–Indennità in caso di licenziamento nelle piccole imprese
–Contratti a termine
–Responsabilità solidale negli appalti
In quest’ articolo non si vuole entrare nel merito dei quesiti relativi alla questione lavorativa quanto più su quello relativo alla cittadinanza.
–Cittadinanza (scheda gialla): oggi per avere la cittadinanza italiana le persone maggiorenni nate in un paese esterno all’Unione europea devono risiedere legalmente in Italia per almeno dieci anni. Il quesito propone di cancellare questa norma per tornare a quella precedente, in cui si stabiliva che gli anni di residenza necessari erano cinque. Tutti gli altri requisiti per ottenere la cittadinanza previsti dalla legge del 1992 non sono modificati. E sul tema della cittadinanza buona parte della politica è inerte da troppo tempo, vittima di rigidità ideologiche difficili da comprendere. Agevolare oppure ostacolare l’accesso alla cittadinanza per le persone di origine straniera è vista come una questione di principio: il frutto di un ragionamento astratto su cosa sia meglio per l’Italia. Il referendum vuole invece mettere l’accento sulle ricadute concrete di questa scelta, cioè sui suoi vantaggi per tutti gli italiani: sia coloro che lo sono già, sia quelli che desiderano diventarlo. Accorciare i tempi di accesso alla cittadinanza significa accorciare le distanze fra le persone e i loro diritti di base. Significa, sopratutto nel caso dei più giovani, far crescere il senso di appartenenza a una comunità e di conseguenza il sentimento di adesione alle sue regole. È dal godimento dei diritti che nasce la consapevolezza dei doveri, non il contrario. Da anni le associazioni che si occupano della cittadinanza e dei diritti della migrazione chiedono una riforma normativa nel senso dello ius soli – l’attribuzione della cittadinanza a chiunque nasca sul suolo italiano, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori – o dello ius scholae – la cittadinanza legata alla frequenza delle scuole nel nostro Paese. Nel frattempo ci sono centinaia di migliaia di vite che non possono restare ostaggio delle divisioni e delle arretratezze culturali di certa politica. Delle vite in ostaggio ce ne parla Paula Guanina Ospina, migrante colombiana e parte attiva del Comitato cittadino per le voci migranti di Torino •( profilo comitato: https://www.instagram.com/vocimigranti.comitatocittadino?igsh=ZTlqc3l0Mjc2Mjd0)• che sul suo profilo Instagram sta denunciando il caso di Salerno e altri ( https://www.instagram.com/paulaguanina?igsh=MWllbnEwem1wenYyaQ==).
Riportiamo l’esperienza denunciata da Paula nella speranza che storie come questa possano smuovere la coscienza collettiva del nostro popolo:
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52 ore, comprese due notti
Destinazione: Ufficio Migrazioni Salerno, Italia.
Potrebbe sembrare lo slogan promozionale di un viaggio verso una bella destinazione. Invece, è il tempo che decine di persone migranti, provenienti da diversi paesi del mondo, hanno dovuto trascorrere in attesa dell’apertura dell’ufficio immigrazione nella città di Salerno, Italia. L’esperienza ha incluso almeno due ore sotto la pioggia, nessun accesso ai servizi igienici, nessun pasto e il “comfort” di dormire su lastre di cemento coperte da cartoni.
Questa è l’attuale situazione delle persone migranti a Salerno, le quali si sono trovate costrette a spiegare a diversi media, organizzazioni e gruppi solidali che non sono senzatetto, ma che stanno facendo questa fila perché hanno bisogno di un appuntamento per richiedere asilo politico in Italia.
La “fila della vergogna” è ormai una delle rappresentazioni dell’Italia all’estero.
Non è Salerno la prima città a promuoverla; circa sei mesi fa, a Torino, si è verificata la stessa situazione, dove migranti di tutte le età sono stati costretti dalla violenza istituzionale italiana a dormire per tre giorni per strada, sotto la pioggia e in pieno inverno. La loro richiesta di un trattamento dignitoso ha commosso molti settori della società torinese, al punto che la Questura di Corso Verona è stata chiusa, offrendo ai migranti strumenti più umani per accedere agli appuntamenti necessari per ottenere i documenti in Italia.
Questa risposta è arrivata solo quando i migranti in fila si sono organizzati, creando il Comitato cittadino per le voci migranti, un gruppo di migranti che si sono conosciuti nella “fila della vergogna” e che oggi sostengono i migranti della nostra città.
Le file si presentano di nuovo queste lunedì, giorno in cui le persone migranti hanno iniziato ad aspettare fino a mercoledì alle 9 del mattino, orario in cui si spera che la Questura apra le sue porte per poter ottenere un appuntamento e iniziare così il loro percorso amministrativo nel nostro Paese.
Tuttavia, non è una realtà da ignorare, poiché non si comprende come mai, se i cittadini italiani comuni lavorano dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 16, la Questura offra il servizio solo due giorni alla settimana per due ore al giorno, provocando l’accumulo di persone e le lunghe file di attesa.
Una delle possibili soluzioni per evitare di ledere il diritto alla dignità delle persone migranti sarebbe quella di disporre di una piattaforma istituzionale online che permetta di prenotare un appuntamento, esattamente come “Prenota Facile”, la piattaforma online che la Questura di Torino si è vista obbligata a mettere a disposizione in meno di una settimana, a seguito della pressione sociale per la violenza di cui erano vittime le persone migranti.
In molte città italiane, come avviene anche a Salerno, è difficile avere accesso a sportelli che possano appoggiare e sostenere le persone migranti durante i lunghi iter burocratici, in quanto le realtà esistenti sono poche e spesso le informazioni utili non sono facilmente reperibili, se non tramite un “fortunato” passaparola.
Non si tratta di casi isolati, ma di un sistema che invisibilizza e criminalizza le persone migranti.
Come persone italiane e cittadine e cittadini di questo Paese, dobbiamo assumerci la responsabilità di agire per un cambiamento sistemico nella gestione dei permessi di soggiorno, che garantisca il rispetto e la dignità di tutte le persone migranti.
La funzionalità istituzionale non è solo per noi, è per un Paese che stiamo costruendo insieme. –